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giovedì 12 marzo 2015

EURO - IL QUANTITATIVE EASING NON SERVIRA' ALL'ECONOMIA REALE.

Salve gentili lettori.

Dopo qualche giorno di stop, vorrei dedicare questo articolo al tema del Quantitative Easing, provando ad illustralo in un modo semplice e specificando le motivazioni che mi portano a pensare che questo strumento non servirà al rilancio dell'economia dei paesi mediterranei dell'eurozona.
Questa scelta di politica "monetaria" della BCE non è altro che l'ennesimo tentativo di allungare la vita dell'Euro. Ne trarrete che non sarà nulla di estremamente innovativo.

Buona lettura.

Esattamente 3 giorni fa, il 9 marzo 2015, Mario Draghi ha avviato il programma definito "Quantitative Easing", che non è altro se non un programma definito con l'obiettivo finale di comprare titoli di Stato dei paesi membri nel mercato secondario.

A guidare il sistema sarà proprio la banca centrale europea, che coordinerà le banche nazionali in questo processo svolto dalle banche centrali nazionali di ogni Stato appartenente all'Eurozona. Nello specifico, ogni banca centrale dei paesi membri, attraverso la liquidità percepita dovrà acquistare titoli di Stato emessi all'interno dello Stato d'appartenenza.
I titoli non saranno di nuova emissione statale, ma verranno comprati dalle banche commerciali aventi nel loro attivo di bilancio delle obbligazioni statali.
L'emissione di liquidità dovrebbe essere vicina ai 60 miliardi di Euro su base mensile, per un periodo fissato a scadenza settembre 2016.
La distribuzione di questa liquidità, che in totale dovrebbe aggirarsi su 1140 miliardi totali, verrà distribuita alle banche centrali attraverso un conteggio percentuale delle quote che ciascuna banca centrale nazionale detiene all'interno della BCE.
L'Italia, essendo il terzo detentore avrà una liquidità disponibile pari a 150 miliardi di Euro.

Quali sono i fini che la BCE vorrebbe raggiungere?

1) Aumentare la liquidità bancaria in modo da facilitare l'esborso di prestiti rivolti all'economia reale;
2) Controllare i tassi d'interesse sul debito pubblico;
3) Svalutare l'Euro incentivando le esportazioni;
4) Raggiungere un'inflazione pari al 2%, come da statuto.

Immaginiamoci il sistema privato nazionale, composto sostanzialmente da tre elementi: FAMIGLIE, IMPRESE E BANCHE COMMERCIALI. Siamo in un periodo dove la liquidità disponibile dai risparmi privati non trova sbocco produttivo per il semplice fatto che gli operatori privati sono incentivati da condizioni di crisi generalizzata e insicurezza, a mantenere i depositi fermi senza far girare soldi nell'economia. Questo succede anche alle banche commerciali, che fanno parte, come detto prima, del sistema privato. Oggi, è altamente improbabile trovare liquidità a buon mercato perché le banche commerciali avendo già tanti crediti pregressi da riscuotere sono restie ad offrire ancora liquidità con tutti i rischi che ne conseguono. Sostanzialmente, potremmo semplificare il meccanismo dicendo che: LE BANCHE COMMERCIALI HANNO TANTE SOFFERENZE NEL LORO ATTIVO.

Questa espressione (che ascoltai per la prima volta in un'intervista di Byoblu al prof. Bagnai) calza davvero a pennello, e dovrebbe farvi capire in modo semplificato come il problema di fondo non sia la mancanza di liquidità, ma l'incentivo ad arrecare queste risorse dei risparmiatori in modo tale da renderle produttive. Aumentare la liquidità a disposizione delle banche commerciali, sperando che questo aumenti la voglia delle stesse di concedere crediti facili è una speranza vana. 
La motivazione è semplice: molto facilmente, ci sono pochi soggetti privati che possono presentare garanzie tali da mettere in condizioni le banche commerciali di concedere in relativa sicurezza un credito.

Notate bene: l'acquisto dei titoli di Stato attraverso il Quantitative easing, come ho specificato prima, non avverrà nel mercato primario, ma in quello secondario. Cosa significa?
In realtà è molto semplice, perché è una mera sostituzione di attivo bancario. Se una banca commerciale X ha nel suo attivo titoli di Stato per un valore Y, questo valore Y verrà espresso in liquidità monetaria anziché essere espressa in titoli di Stato (che sono un investimento). Nel bilancio delle banche commerciali entrerà liquidità ed usciranno titoli di Stato per uno stesso valore.

Purtroppo all'economia reale andrà ben poco. In Italia una percentuale molto bassa di titoli di Stato è in mano alle famiglia (circa il 13%), mentre il resto è in mano alle banche (con predominanza di banche interne alla legislazione italiana, per fortuna). I soldi che riceveranno le banche, per le motivazioni d'incertezza economica che abbiamo valutato in precedenza, non verranno destinati alle imprese, ma verranno nuovamente inseriti nella finanza, col rischio d'alimentare nuove bolle speculative. 
E lo sappiamo che, alla fine dei giochi, quando la bolla speculativa scoppia, a pagare è sempre pantalone, ovvero l'economia reale.

Sostanzialmente, la BCE stamperà soldi e comprerà titoli di Stato nel mercato secondario, ovvero quelli posseduti dalle banche commerciali nel loro bilancio. Una volta ricevuta questa liquidità, le banche commerciali, visto l'incertezza generalizzata dell'economia reale, investiranno in finanza. I soldi all'economia reale saranno le piccole gocce che cadranno qua e la per compassione.
La crescita avviene solo attraverso investimenti nell'economia reale. Il resto è speculazione al rialzo che alimenta bolle fino a far implodere il sistema. Capito???

Il fatto che stampando moneta in modo massiccio si vada a creare inflazione tale da uscire da un periodo di deflazione non è totalmente vero. L'inflazione è un valore che non è unificato nell'eurozona, perché ogni paese aderente all'Euro ha un suo indice percentuale d'inflazione. L'inflazione varia anche in base ad altri parametri, non solo alla massa monetaria in circolo.
Anzi, in un momento di economia bloccata, la moneta non circola, non viene spesa per comprare beni, la domanda non sale ed i prezzi non subiscono un rialzo proprio perché l'offerta riesce ampiamente a soddisfare la domanda (fin troppo, dato che siamo al 12,7% di disoccupazione, purtroppo).

L'inflazione è quella che non vuole la Germania, perché essendo creditrice vedrebbe svalutarsi in termini reali il suo credito, e questo sarebbe un vantaggio per i paesi debitori. Ma come vi ho spiegato, l'emissione di moneta non è l'unico parametro che fa salire il tasso d'inflazione....ne servono altri che oggi non ci sono.

Anzi, paradossalmente il Q.E. aiuterà proprio la Germania, perché la Germania non riesce a piazzare tutti i titoli di Stato alle aste, avendo rendimenti negativi. Questo succede perché la Germania sta tagliando il ramo sulla quale è seduta (esportazioni nei paesi PIIGS attraverso la repressione dei salari reali interni), e quindi il suoi BUND non sono più percepiti come bene rifugio sicuro. Il pericolo che il ramo si rompa ed i paesi periferici dell'eurozona smettano di essere il mercato di sbocco tedesco è ampio.

Ultimo appunto...

Vi ricordate L.T.R.O.? Era una sorta di Quantitative easing che mise in circolo 1000 miliardi di Euro negli anni appena precedenti....ma gli effetti sull'economia reale si sono visti?? Io non ricordo...
E' un film già visto. 

Alla prossima!

lunedì 12 gennaio 2015

1981 - DIVORZIO TRA TESORO E BANCA D'ITALIA. RIPASSIAMO PER NON SBAGLIARE PIU'.

Salve gentili lettori.

In questo articolo, vorrei ripercorrere uno dei momenti cruciali della storia dell'economia italiana, che ha portato a grosse ripercussioni, e che, una volta usciti dal cappio dell'EURO, dovremmo comunque risistemare con gli equilibri precedenti.
Il tema dell'articolo, come avrete capito dal titolo, sarà la scissione del 1981 tra Ministero del Tesoro e la Banca d'Italia, e le conseguenze che questa scelta politica portò con se.
Effettivamente, io quella situazione non l'ho vissuta, essendo nato solo nel 1993, ma essendo un appassionato di politica, e di economia, ho avuto la possibilità di leggere molto sul tema.

Vi auguro una buona lettura.

Con l'asta dei titoli di Stato, tenutasi nel luglio 1981, cominciò una nuova era nel metodo di politica monetaria dello Stato italiano. Infatti, attraverso il " divorzio " tra Ministero del Tesoro e Banca d'Italia, la seconda poteva esimersi dall'emettere moneta per comprare i titoli di Stato eccedenti rimasti invenduti. 
Era questo, il semplice meccanismo che sta alla base di uno dei cardini storici della nostra politica economico-monetaria, che ha compromesso, in parte, la stabilità del sistema economico italiano.
Il cosiddetto " divorzio ", ebbe il suo documento principale nella lettera che l'allora ministro del Tesoro, Nino Andreatta, consegnò alla Banca d'Italia, dandole facoltà di esimersi dal compito, fin li tassativo, di prestarsi come compratrice d'ultima istanza.
Questo modello, venne ricalcato sulla vigente politica monetaria dell'Inghilterra, dove la Banca d'Inghilterra, aveva la facoltà di lasciare i Titoli di Stato rimasti invenduti, al proprio destino, senza risultare obbligata a prestarsi come compratrice d'ultima istanza. Questa, come appena detto, era semplicemente una facoltà attribuita alla Banca d'Inghilterra, che tuttavia decise di utilizzarla col contagocce, stampando Sterline e comprando i Titoli di Stato non ancora piazzati nel mercato nella maggior parte dei casi.
Al contrario, invece, la Banca d'Italia, una volta avuta questa facoltà, decise d'impuntarsi e di rimanere tassativamente nelle sue posizioni.
Il " divorzio ", si tenne in un contesto sociale dove, l'Italia, si presentò come una superpotenza mondiale, derivante dal miracolo economico degli anni '60, e dalla continua crescita del decennio successivo, che la portò a superare economie come quella inglese, francese, ed addirittura ad insidiare la superpotenza tedesca. 
Il 1980 fu l'anno del boom dei risparmi privati: mediamente, un cittadino italiano, riusciva a conservare ben il 25% del suo stipendio, dopo aver speso per completare i suoi consumi personali. L'Italia diventò la prima nazione al mondo come tasso percentuale di risparmio privato.
Nel 1979, l'Italia, ahimè, entrò nello SME (Sistema monetario Europeo), una sorta di Euro, con monete nazionali aventi cambi bloccati e fissati ad una moneta fittizia, denominata ECU, secondo vincoli monetari fissati in partenza. Gli obblighi di politiche monetarie comuni, fecero si che, l'Italia, se pur ancora padrona di una propria moneta nazionale, dovesse sottostare a vincoli economici ben precisi, e nel 1981, il " divorzio ", fu il completamento d'un equilibrio che andò a rendere sicuri questi legami.
L'inflazione con la quale si presentava l'Italia all'appuntamento dello SME era pesante, e si avvicinava al 20%, nonostante questo i risparmi privati fioccavano. Bisognava allineare la propria inflazione a livelli più bassi (vi ricorda qualcosa???), e scindendo le politiche di Ministero del Tesoro, e Banca d'Italia, scese l'emissione di moneta a copertura dei Titoli di Stato rimasti invenduti, e scese anche l'inflazione.
Tuttavia, purtroppo, cominciarono a salire i tassi d'interesse sui Titoli di Stato, proprio per la mancanza di un compratore d'ultima istanza come la Banca d'Italia, che garantiva una stabilità dei tassi ed un debito pubblico in equilibrio con normali Stati competitor.
Salirono i tassi d'interesse sui Titoli di Stato, e conseguentemente, salì pure il debito pubblico.

Secondo uno studio condotto dall'economista Nino Galloni, in quel periodo al Ministero del Tesoro, i primi 50 gruppi industriali pubblici, ed i primi 50 gruppi industriali privati del sistema economico italiano, investivano più della metà degli utili d'impresa in Titoli di Stato. I tassi d'interesse che si impennavano al rialzo, rendevano più allettante un investimento finanziario, con una maggiore possibilità di profitto. Il finanziario stava surclassando l'economia reale del produttivo (vi ricorda qualcosa???), e questo fece abbassare la richiesta di manodopera.

Dev'essere chiarissimo un passaggio chiave: lo stesso Ministro del Tesoro, Nino Andreatta, in un articolo de " Il Sole24Ore " del 1991, ricordò come, il " divorzio " fra Ministero del Tesoro e Banca d'Italia, fu una logica conseguenza preventivata, dell'adesione dell'Italia allo SME.

Sappiamo benissimo come, dopo una spirale recessiva sviluppatasi durante il periodo dello SME,
l'Italia, nel 1992, dopo l'attacco speculativo alla Lira subito, dovette uscire dallo SME, non prima d'aver prosciugato le riserve di valuta della Banca d'Italia. Appena uscita dallo SME, l'Italia riprese a crescere fino al 1996, per poi cominciare un leggero calo dal 1997 ( accordo Prodi - Kohl, che fissò il cambio Lira - Marco e che cominciò a far attuare politiche restrittive in preparazione dell'ingresso nell'Euro ).





Esposti tutti questi fatti, vorrei ricordarvi che la storia, ha sempre un suo perché, è non si possono ignorare delle ripetizioni periodiche di questo sistema d'unioni monetarie tra economie differenti.
Anche uscendo dall'Euro, non cambierebbe nulla se, insieme a questo passaggio fondamentale, non unissimo l'uscita dal vincolo del Fiscal Compact, e conseguentemente del pareggio di bilancio in Costituzione. In caso d'uscita dall'Euro, con l'ingresso di una nuova moneta nazionale, la banca nazionale dovrà nuovamente essere legata alle politiche del governo, attraverso un nuovo impegno atto a prestarsi come compratrice d'ultima istanza, al fine di stabilizzare i tassi d'interesse sui Titoli di Stato.

In chiusura d'articolo, vorrei regalarvi questa risposta dell'ex premier italiano, Enrico Letta, riguardante il " divorzio " tra Ministero del Tesoro e Banca d'Italia. Vi faccio presente che, il titolo di un suo libro è " Morire per Maastricht ".


Risposte da brividi!!
Alla prossima!