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lunedì 22 febbraio 2016

EURO - SI POTREBBE USCIRE DALL'EURO SENZA USCIRE DALL'UNIONE EUROPEA?

Salve gentili lettori!

All'interno di quest'articolo vorrei, finalmente, ritornare a trattare un tema che nel mio blog ho seguito a lungo, questo tema è l'Euro. Effettivamente sto scrivendo meno in questo periodo, ed ho accantonato l'informazione economica personale, per dedicarmi ad altre letture di tipo differente.
Tuttavia, il richiamo dell'economia è sempre forte, quindi a breve tornerò a leggere libri su questa materia. 
Ragionando un po' ho scoperto comunque una chiave di lettura differente, che non avevo mai raggiunto prima nei miei articoli. Vorrei esporvela in breve qui.

Sappiamo che, un Stato sovrano interno all'Unione Europea, che comunque non abbia ancora adottato la moneta unica, è fornito di una deroga a tempo determinato. In aggiunta, dopo i nuovi accordi raggiunti tra le istituzioni dell'Unione Europea ed il governo britannico, sappiamo che questi accordi sono addirittura prorogabili. Teoricamente, quindi, la deroga ha comunque una scadenza fissata, nella quale lo Stato sovrano dovrà arrivare al dunque e fare una scelta, in una direzione o nell'altra.
Mi pare di comprendere che, l'adozione della moneta Euro per i paesi interni all'Unione Europea, ma comunque ancora forniti della propria moneta sovrana nazionale, non risulti essere un obbligo imprescindibile, ma semplicemente una facoltà d'esercizio di un diritto.
Questo significa che, lo Stato sovrano quando arriverà al dunque potrà prendere una decisione, attraverso strumenti democratici previsti dalla legislazione vigente
Per questo, sono arrivato a pormi una problematica che non mi ero mai posto prima, che è la seguente: perché, allora, non è valido il ragionamento inverso?
Mi spiego meglio con un esempio.
Se io, Stato sovrano X, interno all'Unione Europea ma con facoltà d'adozione della moneta unica Euro posso facoltativamente decidere di esercitare o non esercitare questo diritto, allora perché io, Stato sovrano Y, interno all'Unione Europea ed interno anche al sistema dell'Eurozona non posso decidere di uscire dall'Eurozona pur rimanendo dentro l'Unione Europea come Stato avente moneta sovrana nazionale?

E' una problematica davvero interessante questa, e da non sottovalutare.
Perché, qualora questo ragionamento non fosse esatto, significherebbe semplicemente che, una volta terminata la deroga agli Stati aderenti all'Unione Europea, ma esterni al sistema dell'Eurozona, essi verrebbero espulsi dall'Unione Europea.
Tuttavia, io non conosco nessuna norma che esponga queste tesi!
Conosco semplicemente l'articolo 50 del Trattato di Lisbona, che poi non è nient'altro che una Costituzione Europea sotto forma di Trattato, in modo da aggirare i referendum popolari, che fecero precedentemente saltare il progetto della Costituzione Europea.
L'articolo 50 permette, ad uno Stato appartenente all'Unione Europea, di uscire dall'Unione.
Vi allegherò il testo dell'articolo 50 al termine dell'articolo.

Quindi, le domande finali sono:

1) SI POTREBBE USCIRE DALL'UNIONE EUROPEA?

Sì, uno Stato può uscire dall'Unione Europea, attraverso l'applicazione dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona. Qualora volesse rientrarci in un momento successivo all'uscita, attraverso accordi negoziali differenti, dovrà farlo utilizzando l'articolo 49 del Trattato di Lisbona, che contiene la procedura di richiesta d'accesso.


2) SI POTREBBE USCIRE DALL'EURO STANDO NELL'UNIONE EUROPEA?

Questa è la domanda delle domande e, soprattutto, la risposta delle risposte. Stando al mio ragionamento, la risposta dovrebbe essere affermativa, perché non avrebbe senso studiare una condizione che agisce in un modo nel momento dell'adozione dell'Euro, offrendo facoltà d'esercizio di un diritto e non un obbligo d'esercizio a scadenza del termine prefissato, e che invece non agisce in modo contrario nel momento in cui uno Stato volesse recedere.

Specifico che Draghi, su specifica domanda degli Europarlamentari del Movimento 5 Stelle, ha dichiarato l'Euro un processo irreversibile.
Quando un processo è irreversibile, significa che non c'è più l'applicazione della democrazia, in quanto un popolo, attraverso la sua volontà potrebbe in un futuro decidere di voler percorrere una strada differente per il suo sviluppo, e l'irreversibilità è contraria a questo possibile processo democratico.


Eccovi l'articolo 50, alla prossima! 


                          ARTICOLO 50 DEL TRATTATO DI LISBONA

1. Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione.

2. Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l'Unione. L'accordo è negoziato conformemente all'articolo 218, paragrafo 3 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Esso è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo.
30.3.2010 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C 83/43 IT.

4. Ai fini dei paragrafi 2 e 3, il membro del Consiglio europeo e del Consiglio che rappresenta lo Stato membro che recede non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio europeo e del Consiglio che lo riguardano.
Per maggioranza qualificata s'intende quella definita conformemente all'articolo 238, paragrafo 3, lettera b) del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

5. Se lo Stato che ha receduto dall'Unione chiede di aderirvi nuovamente, tale richiesta è oggetto della procedura di cui all'articolo 49."









mercoledì 17 febbraio 2016

UNIONI CIVILI - M5S - LA SCELTA DEI PORTAVOCE AL SENATO MI RAPPRESENTA IN TOTO.

Salve gentili lettori.

In questo breve articolo, vorrei rimarcare quello che è successo ieri al Senato, durante la discussione del DDL Cirinnà sulle Unioni Civili. Io sono un attivista del movimento 5 stelle, e mai come ieri sono stato fiero della scelta portata avanti dai miei portavoce. Argomenterò a sostegno di questa mia tesi, perché comprenderla, se lo si vuol fare, è davvero molto semplice. E' la base di una democrazia parlamentare.

Buona lettura.

Ciò che non si capisce, è che siamo in una democrazia parlamentare, dove i parlamentare sono rappresentanti del campione della cittadinanza italiana. Per approvare una legge, serve che il popolo sia a favore e preparato a quel determinato pensiero, perché manda in Parlamento qualcuno che rappresenti le sue istanze. In questo caso, la maggioranza sulle Unioni civili c'è! questo se c'è una legge elettorale che copi il più possibile la rappresentanza popolare all'interno dell'istituzione Parlamento. Ogni parlamentare, rappresenta un campione di 50 mila cittadini. Ad approvare le unioni civili, ci si arriva attraverso un dialogo parlamentare aperto, anche ai rappresentanti della cittadinanza italiana che si oppone a questo progetto, facendo sì che possano esprimersi in dissenso: loro sono in quell'assemblea in rappresentanza di cittadini, esattamente come lo siete voi. 
E' democrazia, o ci siamo dimenticati il significato?

Quando un popolo è di per se pronto ad un cambiamento, esso arriva naturalmente, perché eleggeranno dei rappresentanti che siano in conformità con i cambiamenti che si vorranno ottenere all'interno della società.
Per ottenere un cambiamento, in una democrazia parlamentare, non si può utilizzare un metodo antidemocratico, punto. 
Volete ottenere un risultato reprimendo il diritto di rappresentanza istituzionale del campione di cittadinanza italiana che la pensa diversamente rispetto a voi? Allora non siete democratici.
Il cambiamento avverrà, manca poco, perché i voti per far approvare il provvedimento ci sono! il movimento 5 stelle è arrivato addirittura a non presentare nessun emendamento, per non bloccare ulteriormente il dibattito su questo disegno di legge, su cui auspica fortemente che ci sia un esito positivo, e non era mai successo nella storia della Repubblica che un gruppo parlamentare non presentasse nessun emendamento.
Ma, se la maggioranza, nonostante la Lega Nord avesse rimosso già in partenza 4500 dei 5000 emendamenti presentati inizialmente, riducendo il dialogo a 500, un numero normalissimo, continua a voler agire attraverso strumenti di repressione delle minoranze parlamentari, come il maxiemendamento, allora bisogna dire no, in rispetto della forma di Stato che abbiamo, in rispetto delle minoranza che non possono essere rappresentante nel dibattito.
Tagliare la lingua alle opposizioni non è democratico. Anche se si parla di espressione di pensieri come quelli di Giovanardi, che non piace neppure a me, è ugualmente sbagliato, perché essendo un parlamentare della Repubblica rappresentativo di 50 mila cittadini italiani come noi, ha il diritto di portare la loro voce.

IL MAXIEMENDAMENTO

Che cos'è il cosiddetto CANGURO?

Il canguro è un maxiemendamento che distrugge il dialogo parlamentare, ammazzando quasi tutti gli emendamenti presentati  delle opposizioni. E' dittatura. Che si sia d'accordo o meno con la legge, non si può votare a favore di questo metodo. Mi sono sentito rappresentato dai senatori del m5s, come nella stragrande maggioranza dei casi, perché io avrei fatto la stessa cosa. Questo metodo va a ripercorrere il metodo incostituzionale  di legiferare perennemente attraverso le questioni di fiducia, al fine di superare il dialogo parlamentare.

Il risultato finale si otterrà, ma attraverso un dialogo parlamentare aperto alle opposizioni parlamentari di questo provvedimento specifico, non con sistemi totalitari che svuotano il significato di democrazia parlamentare. 
Otterremo il risultato, e sarà ancora più bello averlo fatto dando a tutti la possibilità di dissentire.

" NON CONDIVIDO LA TUA IDEA, MA DAREI LA VITA PERCHE' TU LA POSSA ESPRIMERE ". 

Vale sempre, anche in questo caso. Ed è proprio quando il risultato prodotto sarebbe andato bene al Movimento 5 stelle, che bisogna rimarcare i danni democratici che porta legiferare in questo modo.




Alla prossima.

lunedì 1 febbraio 2016

UNIONI CIVILI, L'ART. 3 SULL'UGUAGLIANZA FORMALE E SOSTANZIALE ED IL CONFLITTO TRA DIRITTI CIVILI E SOCIALI.

Salve gentili lettori.

Ero da qualche settimana che ormai non scrivevo più sul blog, ma il tema delle unioni civili mi obbliga per coscienza personale ad esprimere il mio modestissimo parere. Proverò a farlo attraverso la Costituzione, il codice civile, il concetto di Famiglia che viene molto spesso strumentalizzato, facendo un richiamo a ciò che avviene e le motivazioni che portano tutto questo ad avvenire.
La legge dovrebbe arrivare al Senato domani, nella giornata di martedì.

Buona lettura.


Partirei in quest'analisi facendomi aiutare da uno degli articoli della Costituzione italiana che io amo di più, che è l'articolo 3, concernente il concetto di uguaglianza, visto sia da un punto di vista formale e sia da quello sostanziale. 

                                                     
Le motivazioni che mi portano ad amare questo articolo si possono capire, ed in questo caso possiamo rifarci a tutti e due i commi per rispondere alle problematiche inserite nell'argomento di cui stiamo discutendo.
Nel primo comma, che si occupa del principio di uguaglianza formale, troviamo scritto che:

 "i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali"

Formalmente, la Costituzione che nella gerarchia delle fonti del diritto è al primo posto, sancisce già di per se che le persone omosessuali (si parla di condizioni personali e sociali), hanno pari dignità sociale rispetto agli eterosessuali.
Il primo comma, infatti, ci parla molto bene del DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE.
Andando al comma due, scopriamo che esso sancisce il principio di uguaglianza sostanziale, dicendo che: 

"E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana".

Si dice, semplicemente, che lo Stato deve porre in essere tutta una serie di strumenti, legislativi e funzionali, che vadano a sanare queste disuguaglianze.
Purtroppo, ancora oggi, questa disuguaglianza tra eterosessuali ed omosessuali resta ancora tale, lo vediamo tutti i giorni in base alle discriminazioni subite da quest'ultimi all'interno della società. 

Ma cosa prevede la legge a breve in discussione sulle unioni civili?

Qui è stata fatta una confusione incredibile, ma non è stata provocata a caso, secondo me, ma bensì per disorientare l'opinione pubblica sul contenuto stesso della possibile riforma. 
Potete leggervi la proposta di legge in questione su questo link: http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/39314.pdf.
Il primo capo è dedicato alle unioni civile per le sole coppie omosessuali;
Il secondo capo, invece, riguarda sia le coppie omosessuali, che le coppie eterosessuali.
All'articolo 5 si parla dell'ormai famosa STEPCHILD ADOPTION, ovvero l'estensione delle responsabilità genitoriali anche rispetto al figlio del proprio compagno/a.
La legge, non prevede nessun passo riguardante il cosiddetto utero in affitto.

Visti gli aspetti di carattere costituzionale, dobbiamo fare un passo ulteriore, per andare ad osservare la problematica da un altro punto di vista, ovvero quello parlamentare.

La proposta di legge è della parlamentare Cirinnà, del PD. Il movimento 5 stelle, con votazione avvenuta nel portale nel 2014, voto favorevolmente alle unioni civili, con 21 mila voti favorevoli e 4 mila contrari. L'appoggio del m5s è garantito purché non si vada a distruggere l'impianto della legge stessa. 
Le problematiche nascono all'interno delle forze di maggioranza. Il PD, che ha presentato il progetto di legge, vede una divisione interna, provocata dai parlamentari cattolici che stanno remando contro, e rischiano di far saltare la possibilità d'approvazione della legge al Senato, dove la maggioranza è più limitata, specie prendendo in considerazione il fatto che NCD, sempre in maggioranza, è dubbiosa sulla scelta finale.
Ciò che sorprende è la mancanza dell'ideologia cosiddetta progressista nel PD, che dovrebbe essere il suo punto di forza, mentre ad oggi, rischia di diventare un boomerang incredibile.
In Italia, lo sappiamo, la presenza del Vaticano affievolisce le possibilità dei partiti politici di incidere su questioni come questa, perché i partiti hanno paura di ripercussioni di carattere elettorale riguardante i propri elettori cattolici. Questo è un limite che, ancora oggi, l'Italia non è riuscita a superare, purtroppo.
L'idea di una politica completamente laica, è presente in Costituzione, ma non viene applicata. Il sogno sarebbe quello di vedere politici cattolici, seguire uno schema di politica laica. Vedremo cosa ci riserverà il futuro.

Ora, passiamo alla Famiglia. 

Il concetto di Famiglia, per l'ala cattolica è fisso: un padre, una madre, e dei figli. Ed è proprio su questo versante che il PD rischia di far mancare i suoi voti decisivi per l'approvazione di questa legge.
Andando a vedere un confronto di concetto di "Famiglia", all'interno della nostra giurisdizione, possiamo trovare due interpretazioni differenti, all'interno dell'articolo 30 comma 3 della Costituzione e nell'articolo 230-bis del Codice Civile.
Nel primo caso, l'interpretazione di famiglia è restrittiva, mentre nel secondo caso, l'interpretazione è di carattere estensivo.

L'articolo 30 comma 3, interpreta la famiglia in modo restrittivo, considerando Famiglia un nucleo composto da genitori e figli.
Per quanto riguarda l'articolo 230-bis eccolo, riguardante aspetti di diritto privato, nello specifico dell'impresa di famiglia, l'interpretazione è di tipo estensivo, ed apre il concetto di famiglia, aprendolo a più personalità.
In questo caso, la Famiglia non è vista esclusivamente come composizione di genitori e figli, ma apre ai parenti ai parenti fino al terzo grado di parentela, ed agli affini fino al secondo grado.

Vedete come, i concetti di famiglia sono variabili, e non esiste uno schema fisso. Solo i paraocchi non ci permettono di vedere altri tipi di famiglia diversi rispetto ai canoni cosiddetti abituali. 
Rimuoviamo questi paraocchi e diamo una visione che vada verso un futuro dove la parità dei diritti sia una costante.

Una piazza riempita per negare dei diritti sacrosanti ad altre persone, non incarna ciò che s'intende per manifestazione di volontà.


In ultima analisi, vorrei esporvi un confronto tra diritti civili e diritti sociali.

Il governo in questo momento è costretto a gettarsi disperatamente sui diritti civili, perché sono il paracadute unico che può avere in un periodo in cui ci sta togliendo tantissimi diritti sociali, ottenuti con anni di lotte di lavoratori e sindacati.
E' quindi il momento giusto per pretendere un passo avanti sul lato dei diritti civili, che dalla nascita della Repubblica, come abbiamo visto in questo breve articolo, ancora non sono stati completati come richiesto dalla Carta costituzionale.
La maggioranza di governo, nonostante sappia che gettare la discussione politica sui diritti civili sia l'unico modo di sottrarsi alle problematiche derivanti dai diritti sociali, ha l'acqua alla gola, perché come abbiamo visto, il PD non trova un equilibrio per il malcontento dell'ala cattolica.
Premete sui diritti civili ora, ma sappiate alcune cose che ora proverò a dirvi.

L'appartenenza dell'Italia all'area Euro, fa si che non si possa applicare una svalutazione competitiva attraverso la moneta. E' vero che l'Euro s'è svalutato in questo periodo, ma il nostro competitor è dentro l'area Euro, ed è la Germania. Una svalutazione della moneta Euro, ammazza comunque i benefici maggiori che noi potremmo trarre attraverso l'aumento della domanda estera rilanciando l'esportazioni, perché automaticamente, di questo beneficio sta giovando anche la Germania, e questo lascia la situazione immutata.
Non avendo una moneta sovrana, non possiamo applicare svalutazione della moneta, e per tornare competitivi sui mercati, il governo applica una svalutazione del mercato del lavoro, attraverso l'abbassamento dei diritti sociali. Non vi siete già dimenticati del JOBS ACT, vero?
Vi rinfresco la memoria: PUBBLICO IMPIEGO
Ci sono stati tagli anche alle prestazioni sanitarie coperte dallo Stato, con l'esclusione di 203 esami medici che ora pagherete di tasca.
E come dimenticarci della cosiddetta riforma della "Buona scuola" che colpisce i diritti all'istruzione???
Controllate anche questi aspetti, non fatevi trascinare dove vuole il governo, ma abbiate gli occhi ben aperti per percepire una visione più ampia delle problematiche italiane.

Alla prossima.