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martedì 8 settembre 2015

LA STRUMENTALIZZAZIONE DELL'ACCOGLIENZA ED I FINI MACROECONOMICI.

Salve gentili lettori.

Vorrei dedicare questo breve articolo ad una visione del tutto personale, come i blogger devono esprimere, rispetto all'inversione di tendenza sui flussi migratori attuata dalla cancelliera Merkel.
Mi piace confrontarmi continuamente, e lo faccio anche attraverso questo mezzo mettendovi a disposizione il mio punto di vista, anche su questo tema.

Buona lettura.


Le strumentalizzazioni le viviamo tutti i giorni, sia a livello politico e sia a livello socio-economico, perché senza entrare nei fatti puramente umanitari la politica non esisterebbe, essendo essa la scienza che dovrebbe trovare le strade migliori per far coesistere le diversità esistenti in una società civile.
Esse alla fine hanno due costanti fisse: il consenso elettorale e gli aspetti economici.
La maggior parte delle volte queste costanti si incontrano, trovando un equilibrio nella scelta politica che viene successivamente eseguita.

Questo è anche il caso, secondo la mia modesta visione, della scelta della Merkel rispetto all'accoglienza dei profughi siriani. Gli aspetti da osservare sono sostanzialmente 2:


1) Pulizia dell'immagine dell'esecutivo tedesco

Dopo il trattamento che è andato a colpire il popolo greco, contrariamente ai principi di cooperazione e fratellanza espressi dall'ideologia europeista, serve un'apparente scelta drastica che mostri valori opposti a quelli prodotti con la Grecia. Esso è stato indubbiamente un bruttissimo colpo per l'immagine della Merkel, che però, politicamente parlando non aveva altra strada se non proseguire nella sua menzogna ideologica, perché se avesse scelto una strada opposta e quindi "europeista" avrebbe fatto crollare il castello di carta costruito all'insaputa dell'elettorato tedesco.
Questo castello di carta è dato dall'informazione filo governativa che ha sostanzialmente riprodotto in scala evidentemente più ampia un questione storicamente italiana, ovvero una riproposizione di una sorta di "questione meridionale europea", con conseguenti addossamenti di colpe verso i PIIGS che nel concreto non esistono.
In realtà anche restando nei confini tedeschi è esistita ed esiste tutto sommato ancora, come esiste ancora in Italia, una differenziazione tra lo sviluppo economico di zone geografiche diverse della nazione; nel caso tedesco si parla di sud - ovest ed nord - est. La riproduzione tedesca sarebbe quindi una "questione nord-orientale".
Addossando dall'inizio della crisi economica in poi, colpe che i paesi meridionali dell'Europa non avevano, per coprire sacrifici derivanti dalle riforme di deregolamentazione del mercato del lavoro applicate dalla Germania, l'esecutivo tedesco si è creato una corazza, che ora tuttavia pesa come un macigno.

Con la l'inversione di tendenza applicata però esclusivamente ai profughi siriani, la Merkel crede di farsi un bagno e sciacquarsi dal punto di vista politico;


2) Una visione economica di questa scelta

Mi piacerebbe pensare che l'improvvisa politica d'accoglienza della Merkel sia prodotta da un senso di comunità e fratellanza, ma purtroppo non ci riesco.
Mi piacerebbe, però ricordo l'intervento della bambina palestinese nella televisione tedesca, e ricordo anche la risposta della Merkel ed il conseguente pianto della bambina.
E' passato solo un mese e mezzo da quel giorno, non prendiamoci in giro, dai.
La risposta della Merkel nel suo contenuto tuttavia non fu sbagliata, perché permettere l'ingresso a tutti indistintamente sarebbe sicuramente un'operazione ingestibile. Allo stesso modo, nel caso dei profughi siriani si sta facendo una selezione di chi accogliere e chi no, ma non seguendo modalità che mettano sullo stesso piano profughi di guerra di qualsiasi Stato, ma selezionando da un popolo ben preciso che possa essere integrato e che abbia già vissuto in condizioni socio-economiche tali da facilitare il processo. Chi meglio dei siriani?
Secondo me, dietro questa scelta apparentemente tendente alla fratellanza ed all'accoglienza fine a se stessa, c'è un fine di economico, ovvero il reclutamento di nuova manodopera a basso costo, per creare nuove politiche di deflazione salariale e di sostegno alla riforma delle pensioni.

Come entreranno quindi i profughi siriani in Germania, e soprattutto, per che fine?

Perché in sede comunitaria la possibilità di smistare i flussi migratori, con precedenza data ai profughi di guerra, secondo le esigenze dei profughi stessi e le possibilità d'accoglienza degli Stati non è stata accettata? La mozione Di Stefano (m5s) presupponeva anche questo, è stata approvata dal Parlamento e deve trovare applicazione in sede comunitaria, cosa che per ora non è avvenuta.



Selezionare tra profughi di serie A e profughi di serie B non è umanamente corretto, oltre che essere l'altra faccia della stessa medaglia..

Alla prossima.


lunedì 7 settembre 2015

LIBRI - LA CASA IN COLLINA, DI CESARE PAVESE. ALCUNI PASSI TRA PASSATO E PRESENTE E CONSIGLI SULLA LETTURA DELL'OPERA.

Salve gentili lettori.

In questi mesi mi sono dedicato alle lettura di libri aventi come filo conduttore la seconda guerra mondiale. L'ultimo libro che ho finito pochi giorni fa, è l'opera di Cesare Pavese "La casa in collina". Un libro molto bello, che consiglio vivamente. 
In questo articolo vorrei soffermarmi proprio su alcuni passaggi di quest'opera, che mi hanno colpito molto e che ritrovano, nonostante il periodo storico differente, un collegamento con la situazione socio-economica attuale.

Buona lettura.


La casa in collina è un'opera che risale al periodo post resistenza, perché fu scritto da Cesare Pavese tra il settembre del 1947 ed il febbraio 1948. Essa si colloca quindi nel periodo successivo allo storico referendum istituzionale a suffragio universale tenutosi il 2 giugno 1946, che ebbe come quesito posto agli italiani, la scelta tra Monarchia e Repubblica.
Fa parte di una sorta di collana di opere che sono andate a completare quello che fu il periodo storico tra ventennio fascista, seconda guerra mondiale, resistenza e post-resistenza.
Pavese subì su se stesso la forza squadrista del ventennio fascista, perché fu arrestato ed incarcerato, con l'accusa di antifascismo, arrivata dopo una perquisizione fascista nella sua abitazione, conseguenza della sua frequentazione con intellettuali antifascisti. Nella perquisizione nella sua abitazione, fu trovata una lettera di Altiero Spinelli, già incarcerato a Roma.
Fu prima arrestato, poi imprigionato e processato, con condanna a 3 anni di esilio in Calabria.

In quest'opera, il personaggio di Corrado riflette il carattere stesso di Pavese, timido, introverso, amante della solitudine e molto riflessivo. Durante la seconda guerra mondiale, lui, professore a Torino, passa le nottate in collina in un'osteria, con la fedele compagnia del suo cane Belbo, che inizialmente risulta essere l'unica sua compagnia. In collina trova protezione dal rischio di perquisizioni e bombardamenti tedeschi. Qui ritrova una sua ex fidanzata, Cate, scoprendola mamma di un giovane bambino di nome Corrado, detto "Corradino". In lui cominciano a instaurarsi dubbi sulla possibilità di essere il padre di Corradino, seppur Cate, continui a negare quest'eventualità.
Il suo rapporto con Corradino diventa sempre più amichevole, in quanto il bambino lo vede come un punto di riferimento in conoscenza, e curioso, chiede a Corrado di accompagnarlo nei boschi per ricevere conoscenze scientifiche.
Durante il racconto, Cate sarà presa ed imprigionata dai tedeschi, mentre Corrado e Corradino scampano alla perquisizione per spostarsi in un convento a Chieri.
In chiusura, Corrado, avvisato di un possibile arrivo dei tedeschi, scappa dal convento di Chieri per spostarsi nel paese dei suoi genitori, mentre Corradino scappa anch'egli dal convento qualche giorno dopo Corrado.



Ora vediamo i passi che mi hanno colpito di più.



                                                              PRIMO PASSO.


Restai solo con Cate. - Non vieni a sentire la radio? - mi disse.
Fece un passo con me, poi si fermò.
- Non sei mica fascista? - mi disse.
Era seria e rideva. La presi per mano e sbuffai. - Lo siamo tutti, cara Cate, - dissi piano. - Se non lo fossimo, dovremmo rivoltarci, tirare le bombe, rischiare la pelle. Chi lascia fare e s'accontenta, è già un fascista.
Non è vero - mi disse, - si aspetta il momento. Bisogna che finisca la guerra.


Questo primo passo ripercorre una divisione storica presente nel periodo del ventennio fascista, all'interno dei cittadini e più specificatamente degli intellettuali che non si schierarono apertamente a sostegno del regime. Questa divisione viene tuttora ricordata in: antifascisti ed indifferenti.
Gli antifascisti, schierati apertamente in prima linea contro il regime; gli indifferenti in una posizione titubante, di attesa perenne.
Questa posizione d'attesa è del tutto comprensibile se riportata in un periodo storico dove, qualsiasi cittadino non iscritto al partito fascista, rischiava di fare la fame mandando a rotoli la sua famiglia. Basta ricordare, per esempio, il metodo di reclutamento dei lavoratori utilizzato in quel periodo, con graduatorie di disoccupati che venivano classificate in anzianità d'iscrizione al partito fascista. Conseguentemente, molti padri di famiglia se volevano sperare in un'occupazione erano costretti a mascherarsi a malincuore da fascisti, a crearsi una corazza fasulla per il bene della sua famiglia.
"Chi lascia fare e s'accontenta, è già un fascista".
Oggi, quest'affermazione potremmo proiettarla al presente, in un'idea di mantenimento dello status quo di chi, pur essendo indignato per gli eventi che si sono susseguiti e che si ha il sentore possano materializzarsi ancora, mette un tappo alla sua voglia di rivolta, perché in questa condizione c'è chi ci galleggia bene, tutto sommato.
C'è chi, tuttavia, è riuscito coraggiosamente a ribaltare qualsiasi ragionamento sullo status quo, forse perché in condizioni più drastiche rispetto a quelle italiane, ed è stato il popolo greco. Ha dato a tutti una lezione di coraggio, seppur il referendum che n'è stato il punto più alto, si sia poi dimostrato una farsa.



                                                             SECONDO PASSO.


Allora rientrai nel discorso. - Non parlo di questo. Non parlo di classi. Fonso ha ragione, si capisce. Ma noialtri italiani siamo fatti così: ubbidiamo soltanto alla forza. Poi, con la scusa ch'era forza, ci ridiamo. Nessuno la prende sul serio.
- I borghesi no certo.
- Dico di tutti gli italiani.
- Professore, - esclamò Nando a testa bassa, - voi amate l'Italia?
Di nuovo ebbi intorno le facce di tutti: Tono, la vecchia, le ragazze, Cate. Fonso sorrise.
- No, dissi adagio, - non l'Italia. - Gli italiani.
Qua la mano, - disse Nando. - Ci siamo capiti.



Il fulcro di questo secondo passo è il seguente: "Ma noialtri italiani siamo fatti così: ubbidiamo soltanto alla forza".
Forza, intesa allora come strapotere militare che riesce ad imporre i suoi dicktat ad un popolo incapace di creare una vera e propria controffensiva, ed oggi come strapotere finanziario, in due epoche differenti, ma che tuttavia portano ad un elemento comune: la resistenza.
Forza, vista però anche da un terzo punto di vista, ovvero come "vincolo esterno", che costringa il popolo a fare sacrifici superiori rispetti a quelli di normale coesione sociale, con la prospettiva di una visione rosea del futuro. Sacrifici, sia chiaro, che senza la presenza di questo "vincolo esterno" non avremmo mai accettato di fare e conseguentemente la classe dirigente non avrebbe mai avuto la forza d'imporre.
E' proprio su quest'ottica che è nato il famosissimo detto "ce lo chiede l'Europa". Esso permette alla classe dirigente di scaricare le colpe di una politica di tagli alla spesa sociale e d'aumento dell'imposizione fiscale, evidentemente sgradita alla società civile, sotto l'accomodante idea di "riforma" che ci tenga al passo con gli altri paesi dell'Unione.
In questo modo il governo nazionale che si è sobbarcato l'onere d'imporre queste politiche restrittive riesce nel suo progetto, pulendosi la coscienza davanti al proprio elettorato.




                                                          TERZO PASSO.

Ora che ho visto cos'è la guerra, la guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: - E dei caduti che facciamo? Perché sono morti? - Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero.



"Dei caduti che facciamo? Perché sono morti?". Una guerra, storicamente porta sempre all'affermazione di un contendente rispetto ad un altro, che dopo aver compreso l'impossibilità del suo progetto, concorda un'uscita in modo pesante. E' stato così per la prima guerra mondiale, dove la Germania pagò a carissimo prezzo il conflitto attraverso una multa salatissima concordata nel Trattato di Versailles del 1919, ed è stato così per la seconda guerra mondiale.
Ogni guerra porta con se delle conseguenze che nessun trattato di pace riuscirà mai a rimarginare. Porta con se ulteriore odio verso altri popoli, che rischia se proiettato nel futuro, di riproporre nuovi conflitti bellici. Ma, soprattutto, come scritto da Pavese lascia con se dei morti. Morti senza un perché, semplicemente vittime d'un fallimento diplomatico o una voglia di predominanza territoriale ed economica.
Qualsiasi siano le modalità delle guerre, vuoi belliche, vuoi finanziarie o economiche, esse lasciano strascichi dove si infilano ideologie di odio razziale, che produrranno esse stesse altri morti.
E' un circolo vizioso, questa domanda alla quale Pavese non si seppe, o non si volle dare (in questo caso), una risposta.


                       CONSIGLI PRECEDENTI ALLA LETTURA DELL'OPERA.

Insomma, io vi consiglio vivamente la lettura di quest'opera, pur non sapendo se il modo di narrare di Pavese possa interessarvi. Vi consiglio, precedentemente alla lettura de "La casa in collina", di leggervi due racconti minori, scritti nel 1942 e nel 1944, in quanto è li che Pavese pose le basi facendo nascere i personaggi ed il comportamento che poi ritroverete nell'opera principale.
Il primo racconto è del 1942 e s'intitola "La famiglia". Qui comincerete a conoscere 3 personaggi: Corrado, Cate e Corradino, anche se in modalità differenti rispetto al racconto principale.
Qui Corrado risulterà essere sempre una persona chiusa ed introversa (esattamente come Pavese), e ritroverà Cate, una sua ex fidanzata, mamma di Corradino, e nascerà il conflitto interiore che ritroverete nell'opera successiva, in quanto anche qui Corrado ha il dubbio che Corradino sia effettivamente suo figlio.
Il personaggio di Cate, nell'opera "La famiglia" credo che sia stato ripreso da un evento reale della vita di Pavese. Cate è una ballerina-cantante che gira il mondo con un suo gruppo di collaboratori, e ritroverà Corrado in un locale di Torino.
Ed effettivamente, nella vita di Pavese, accadde realmente in giovane età di rimanere in attesa all'uscita di un locale di una cantante-ballerina di varietà, esattamente come il personaggio di Cate (scelta che gli provocò una pleurite).
La seconda opera che dovreste leggervi prima di avventurarvi nel testo principale è brevissimo, e s'intitola "Il fuggiasco", scritto nel 1944.
Concetto di fuggiasco che fu portato all'esasperazione ne "La casa in collina", con continui spostamenti dovuti a pericoli di incursioni tedesche che mettessero a repentaglio la sicurezza.






Alla prossima!








martedì 1 settembre 2015

STORIA - NASCITA, PRESA DEL POTERE, SVILUPPO E CADUTA DEL REGIME FASCISTA.

Salve gentili lettori. Qualche articolo fa trattai l'ascesa al potere del Nazismo, cercando di sfatare un falso storico secondo cui esso esplose dopo la crisi inflazionistica post trattato di Versailles. Chiaramente, esso risulta essere un falso storico di portata gigantesca, che dimentica volontariamente almeno 8 anni di storia post primo conflitto mondiale. Esso esplose dopo le politiche d'austerità imposte dal governo Bruning dopo la crisi del 1929, mentre la Germania si risollevò dalla crisi inflazionistica della Repubblica di Weimar già dal 1925. In caso vogliate leggere un mio articolo sul tema, ecco il link STORIA - L'IPERINFLAZIONE DI WEIMAR E' STATA DAVVERO LA CAUSA DEL NAZISMO? O L'AUSTERITA'...

In questo articolo che mi accingo a scrivere, parlerò del Fascismo italiano, ripercorrendo la sua nascita, il suo avvento al potere, lo svilupparsi di una sorta di ideologia fascista lungo il ventennio e la caduta dello stesso.

Proverò a non dilungarmi troppo, ma per trattare un tema così importante bisogna mettere dei punti fissi, imprescindibili. Buona lettura.

Prendere sottogamba il Fascismo come pericolo all'impianto democratico del paese Italia, fu l'elemento decisivo, ma anche l'appoggio di grandi forze politiche dovuto ad un tentativo di sgambetto contro il governo in carica, fecero la loro parte. Quando Mussolini entrò al governo, fu appoggiato da esponenti liberali e nazionalisti, i quali si fusero nel partito fascista nel 1923.
La grande trasformazione ci fu non da un punto di vista economico, ma da un punto di vista del controllo democratico del paese, attraverso riforme forti che colpirono tutti i settori chiave: legge elettorale, lavoro, libertà di stampa, scuola.

La riforma della scuola privilegiò le materie letterali rispetto a quelle scientifiche e diede grossissimi poteri nelle mani dei presidi; la riforma del lavoro impostava un incontro della domanda e dell'offerta attraverso specifici uffici di collocamento, dove i datori di lavoro avevano la possibilità di scegliere il lavoratore da contattare e da mettere sotto contratto, preferendo graduatorie impostate secondo l'anzianità d'iscrizione al partito fascista. Un solo sindacato fascista faceva rispettare i diritti sia dei lavoratori che dei datori di lavoro, reprimendo il diritto di sciopero dei primi ed il diritto di serrata dei secondi (in quest'ultimo caso, solo apparentemente).

La riforma elettorale, prettamente maggioritaria, prese il nome di legge Acerbo, dal suo primo firmatario. Essa passò con l'aiuto dei liberali, nonostante poco prima Mussolini avesse revocato loro alcuni ministeri di cui possedevano il controllo. (vi consiglio la lettura di questo articolo che mette a confronto due leggi elettorali maggioritarie, la Legge Acerbo citata precedentemente e l'Italicum. Vi stupirete. Ecco il link: LEGGE ACERBO vs ITALICUM.).
Mussolini possedeva i ministeri più importanti (interni ed esteri) ed aveva piazzato suoi sottosegretari negli altri ministeri per tenere sotto controllo la situazione politica.
A mostrare la forza del maggioritario furono le elezioni comunali, dove con la forza le forze opposte al fascismo furono fatte fuori, con elezioni farsa e spesso con i soli fascisti come candidati a governare.

Le tecniche fasciste proseguirono sempre con l'arma della forza, accostando una milizia fascista all'esercito di Stato e rivendicando il potere su ciò che i giornalisti potevano o non potevano divulgare, con pene severe per chi avesse osato denunciare fatti o atti in contrasto con il regime fascista o che avessero destabilizzato il potere dell'esecutivo.
A destabilizzare il potere dell'esecutivo ci provò Matteotti nel 1924, quando in Parlamento chiese l'annullamento delle elezioni appena tenutasi, con il listone fascista vincitore facile con il 66% dei consensi, distribuiti a sud, nel padano veneto e nelle periferie, mentre nelle principali città il Fascismo faticava ad imporsi con percentuali importanti, e si limitava a pareggi o vittorie risicate. Lo scontro ideologico tra i partiti opposti al fascismo, tuttavia, semplificarono il compito, annullando di fatto le possibilità d'affermazione dell'anti-fascismo (il cambiamento di questo paradigma, sarà fondamentale a partire dalla seconda metà del 1943).
Matteotti in modo coraggioso, denunciò le elezioni farsa, ma questo gli costò un'aggressione, un sequestro e la successiva morte. Egli fu ritrovato in un bosco alle porte di Roma pochi giorni dopo.

Il percorso che portò il Fascismo a diventare regime fu relativamente lento e si concretizzò piano piano, seguendo un percorso di svuotamento dei poteri parlamentari e aumento spropositato dei diritti/doveri dell'esecutivo. Si passò da un iniziale comitato ristretto di fascisti, senza numero fisso, che si riunivano di notte con Mussolini, per impostare le scelte dell'esecutivo, aldilà degli altri componenti di maggioranza di governo.
La possibilità di emanare norme anche senza il benestare del Parlamento, fu un passaggio fondamentale, ma non decisivo, seppur antidemocratico.


Successivamente gli accordi con il Re, con gli industriali e con la Chiesa, chiusero il cerchio. I patti Lateranensi firmati nel 1929 (firma rappresentata nella foto precedente) furono il culmine del percorso che portarono Mussolini all'apice.
Per mantenersi al potere il Fascismo non si basò soltanto sulla violenza e la coercizione popolare. Mussolini allargò il consenso attraverso strumenti di propaganda affinati per quel periodo storico, come la tecnologia (attraverso la radio) e le organizzazioni giovanili e dopolavoristiche, sfruttando l'impronta dei successi sportivi degli atleti italiani per gonfiare la sua posizione di politica estera.
Famosi intellettuali diedero appoggio al Fascismo, come Pirandello, Gabriele D'Annunzio e Guglielmo Marconi. Queste scelte possono essere tracciate anche come opportunistiche da parte di taluni intellettuali.

Il Fascismo definì addirittura se stesso, attraverso una voce dell'enciclopedia generale realizzata dal fascista Gentile. La definizione, scritta personalmente da Mussolini, puntava a mostrare una posizione nazionalista, non ugualitaria, squadrista e di organizzazione improntata perennemente ad una prossima guerra. L'esaltazione della violenza (con cui i fascisti si fecero spazio inizialmente) mantenne, quindi, una posizione predominante.
Altro concetto fondamentale, fu quello dell'anti-fascismo. Il Fascismo, più che mostrare le sue idee costruttive, tendeva a smontare le posizioni nate nel passato ed ad esso avverse, come il pacifismo, l'umanitarismo, la democrazia. " Solo la guerra porta al massimo di tensione tutte le energie umane e imprime un sigillo di nobilità ai popoli che hanno virtù di affrontarla ".
Nacque l'EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche), ed esso diede una grossa spinta alla diffusione delle ideologie interne al Fascismo, con Mussolini stesso che spesso interveniva in prima persona, facendosi sentire da tutto il popolo e comunicando in modo astuto con loro. Egli veniva udito in qualsiasi zona d'Italia, ed i suoi discorsi semplicistici facilitavano la comprensione anche agli analfabeti.
Le vittorie dell'Italia di Pozzo ai mondiali del 1934 e del 1938, aggiunte alla medaglia d'oro olimpica di Berlino del 1936, furono un grosso assist in termini patriottici, prontamente sfruttato da Mussolini per gonfiare nel popolo un senso nazionalistico.
L'arrivo delle Corporazioni falsificarono i valori rappresentativi in campo, rendendo apparentemente rappresentati nei comuni e nel Parlamento i cittadini operai, che tuttavia venivano semplicemente aggirati in quanto le scelte principali venivano prese direttamente dal partito fascista in collaborazione stretta con i potentati dell'economia italiana.
Opera finale, nel 1939, lo scioglimento della Camera dei Deputati al termine del 29° legislatura e l'avvio della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, convocata dal duce Mussolini secondo suoi termini temporali e sciolta da Mussolini tramite suggerimento di un decreto regio.

Come ogni dittatura anche il Fascismo cercò di dare vita a uno Stato totalitario, caratterizzato dall'occupazione di ogni spazio di potere. Nella realtà però il regime non arrivò mai ad ottenere questo fine, fermandosi ad una sorta di totalitarismo imperfetto, in un paese che rispose talvolta con l'opposizione più spesso con l'indifferenza. Con totalitarismo, s'intende l'occupazione totale di qualsiasi spazio di potere, compreso il monopartitismo, che di fatto si traduce in un'assenza di democrazia.
L'opera di comporre un vero e proprio Stato totalitario, tuttavia, fu impressa esclusivamente nella mente dei cittadini meno attenti ed istruiti, perché in realtà Mussolini non superò mai l'importanza figurata del Re, alla quale si doveva pur sempre ritenere servo.
Una resistenza esistette sempre, lungo tutto il periodo fascista, talvolta rappresentata da scontri tra istituzioni fasciste ed esterne al Fascismo. Nello specifico, ricorderei lo scontro sul piano educativo e culturale tra i gruppi giovanili fascisti e le organizzazioni dell'Azione cattolica, che se pur talvolta occultamente, si posizionarono in condizione di essere rivali. Questo creò nella maggior parte dei giovani universitari di diverse località italiane, una scelta d'iscrizione all'Azione cattolica, e non ai giovani universitari fascisti.
Si crearono due situazioni diverse di opposizione al Fascismo, accompagnati da figure illustri della cultura italiana: gli indifferenti e gli antifascisti.
Nel primo gruppo possiamo inserire tutti quei cittadini italiani che rimasero ai margini delle organizzazioni fasciste, che tuttavia negli anni del regime non seppero o non ebbero il coraggio di porsi in prima persona contro il regime stesso.
Dall'altra parte, troviamo gli antifascisti, presenti occultamente nel territorio italiano, anche attraverso quelle organizzazioni partitiche che provavano in segreto a riorganizzare un loro assetto politico, senza tuttavia trovare solide basi d'accordo tali da buttare giù il regime. Possiamo ritenere questi partiti gruppi il germe nascente del CLN (comitato di liberazione nazionale), che nacque successivamente, nel 1943. Alcune personalità importantissime del movimento antifascista, possiamo individuarle in Filippo Turati, Sandro Pertini, Cesare Pavese e Antonio Gramsci, fondatore del partito comunista italiano nel 1921, che nel 1928 fu condannato dal Tribunale speciale a vent'anni di carcere.

Per quanto riguarda il versante della politica estera lungo il ventennio fascista, possiamo dire senza dubbi che uno degli obbiettivi di Mussolini fosse già in origine, quello di far saltare gli equilibri  post bellici europei, affermatisi con il Trattato di Versailles del 1919.
Le mosse di Mussolini, tuttavia, furono lente ed ambigue, in quanto l'Italia sempre secondo il Trattato di Versailles, aveva ottenuto una posizione importante datale dal rango di potenza vincitrice.
La guerra d'Etiopia del 1935-1936, mostrarono la mania imperialista di Mussolini. L'attacco all'Etiopia fu preparato perché essa rimaneva ormai l'unico territorio africano conquistabile, perché non controllato e posto come colonia di uno Stato europeo. Apparentemente la posizione dell'Etiopia all'interno della Società delle nazioni, rendeva difficile un approccio ed un permesso da parte degli altri Stati membri per trovare un cavillo sul quale attaccarsi per dichiarare guerra all'imperatore d'Etiopia Hailè Selassiè. Lo spunto fu atteso fino al 1934, quando uno scontro tra Somalia italiana ed Etiopia, diede il via libera a Mussolini.
Il 3 ottobre 1935 le truppe italiane varcarono il confine dell'Etiopia, dando inizio ad un'aggressione non preventivata, dato che nessuna dichiarazione di guerra fu presentata in date antecedenti all'attacco. L'imperatore d'Etiopia si difese facendo appello alla Società delle nazioni, ed ottenne come risultato delle sanzioni economiche contro l'Italia, che tuttavia con riguardarono embarghi sul petrolio, indispensabile per il proseguimento dell'attacco. Nel maggio 1936, l'Italia sferrò l'attacco decisivo, entrando nella capitale Addis-Abeba. Il sogno imperialistico di Mussolini si realizzò, ma come vedremo successivamente, esso fu scardinato in tempo limitato dai britannici durante la seconda guerra mondiale, sia in Libia e sia in Somalia, Eritrea ed Etiopia.




Come vuole introdurre la foto precedente, nella nostra ricostruzione siamo arrivati al "Patto d'acciaio". Il patto d'acciaio tra i due regimi nazionalistici principali dell'Europa, fu firmato il 22 maggio 1939. Esso conteneva 3 articoli, che sostanzialmente sancivano una santa alleanza tra le due parti, sia da un punto di vista diplomatico, sia da un punto di vista bellico. 
Nello specifico, l'articolo 1, sanciva l'obbligo tra le due parti di un continuo e perenne confronto, allo scopo di trovare intese sulle questioni principali, riguardanti gli interessi comuni ed europei.
L'articolo 2 sanciva l'obbligo di un immediato confronto tra le parti nel caso in cui un avvenimento internazionale avesse posto in pericolo gli interessi comuni delle due parti contraenti, al fine di trovare una soluzione concordata alla risoluzione della problematica in atto.
L'articolo 3 obbligava la controparte ad accorrere a sostegno della prima, nel caso in cui una di esse fosse stata impegnata in un conflitto bellico, sia per attacco subito e sia per attacco portato.


Il secondo conflitto mondiale, per l'Italia cominciò con il famoso discorso di Mussolini, che dichiarò guerra alla Francia ed alla Gran Bretagna.



L'illusione fascista fu quella di entrare in un conflitto che si sarebbe risolto in pochi mesi e l'Italia potesse espandersi territorialmente in Europa meridionale e nel Mediterraneo, compresa la Corsica, Nizza, la Tunisia, Gibilterra, Malta, la Somalia francese e britannica.



Il conflitto nell'immaginario fascista si sarebbe forzatamente dovuto risolvere in un lasso di tempo breve, anche perché l'Italia fascista si mostrava assai vulnerabile da un punto di vista bellico, nei confronti delle altre potenze. Nello specifico, lo era nelle tonnellate di carburante pro-capite a confronto dei contendenti, in quando essa possedeva 3 tonnellate pro capite, mentre gli USA 17 mila; l'URSS 6300; la Germania 3800; la GB 3700 e la Francia 207.
Il 28 ottobre 1940, l'Italia attaccò la Grecia. Data non casuale, in quanto essa coincideva perfettamente con l'anniversario della "Marcia su Roma". Tuttavia l'attacco, anziché distruggere la resistenza del modesto esercito greco, rischio di mettere a repentaglio anche i confini albanesi conquistati precedentemente da Mussolini. Fu un totale fallimento.
In Libia l'attacco britannico su difficoltosamente fronteggiato fino al gennaio 1941, quando l'Italia fu sconfitta e 133 mila italiani furono fatti prigionieri; in Etiopia la sconfitta arrivò nel maggio 1941 e così, cadde l'impero africano italiano, baluardo della propaganda fascista.
Solo l'arrivo degli aiuti tedeschi permisero alle truppe italiane di resistere in Jugoslavia e Grecia, oltre che in Libia, prima della capitolazione del maggio 1943, con la caduta di 200 mila prigionieri italiani.
La propaganda, che aveva tenuto in piedi il regime fascista lungo il ventennio, venne meno dopo queste sconfitte e fu messo in difficoltà dall'insurrezione delle famiglie dei soldati che persero la vita o che furono imprigionati dalle forze nemiche del fascismo. In più, l'insurrezione popolare si fece sentire attraverso l'insurrezione popolare, con manifestazioni rabbiose che spingevano verso la pace e l'antifascismo, alla ricerca del cibo che scarseggiava (nel 1942 la razione di pane giornaliera fu abbassata di 50 grammi, scendendo a 150 grammi a testa).

Nella notte tra il 24 ed il 25 luglio del 1943, il gran consiglio del fascismo votò la sfiducia a Mussolini. Un modo per "salvare" e provare a far reggere un regime che ormai stava cedendo, nel momento in cui il Re accettò le dimissioni di Mussolini, che fu inoltre arrestato.
Nel momento in cui i tedeschi individuarono il luogo dove Mussolini era imprigionato, l'8 settembre 1943 riuscirono a liberarlo e portarlo al sicuro in Germania. Il tentativo di una ricostruzione fascista attraverso la Repubblica sociale italiana, nei territori italiani controllati durante la guerra dai tedeschi fallì. Essa è ricordata anche come "Repubblica di Salò", che in realtà non ebbe mai le sembianze reali di uno Stato sovrano.



Il giorno successivo, il 9 settembre 1943, a Roma, nacque il già citato C.L.N., comitato di liberazione nazionale. Esso fu una sorta di governo ombra, del tutto clandestino, che si mise l'obiettivo di combattere i nazifascisti presenti nel territorio italiano. Per la prima volta dalla marcia su Roma, gli antifascisti riuscirono concretamente a trovare un'unità d'intenti, tale da unire per un unico scopo forze politiche con idee differenti, ma funzionali al progetto di liberazione nazionale. In esso confluirono rappresentanti del Partito Comunista Italiano, della Democrazia Cristiana, del Partito Liberale, del Partito Socialista, del Partito d'Azione e della Democrazia del Lavoro.

Il comitato di liberazione nazionale, accompagnato dalla Resistenza, furono capaci di congiungere con solo attività di disturbo fine a se stesso, come fecero durante il ventennio fascista, ma riuscirono ad organizzarsi in modo molto più incisivo, sia dal punto di vista politico e sia da quello militare.
Nel giugno 1944, Roma fu liberata, la Toscana ad agosto.
Nel nord del paese, l'organizzazione partigiana riuscì a resistere alle milizie tedesche e ad aprile 1945, tutta l'Italia fu liberata.


Nell'immagine precedente, alcuni dei rappresentanti del comitato di liberazione nazionale che sfilarono a Milano dopo la liberazione.

Di conseguenza alla liberazione totale dal sistema fascista della nazione italiana, e con il ritorno ad una nazione democratica, fu indetto un referendum a suffragio universale (per la prima volta comprese le donne), per far decidere agli italiani la forma di Stato che più ritenessero consona, tra Repubblica e Monarchia.

Agli italiani fu presentata la seguente scheda.



Il 2 giugno 1946, fu esercitato il diritto di voto, che diede la prevalenza alla forma repubblicana. Per la precisione, l'esito esatto del referendum fu dato dalla corte suprema di cassazione, che il 12 giugno 1946, proclamò la vittoria della forma repubblicana con 12.672.767 voti, contro i 10.688.905 a sostegno della monarchia. Una settimana dopo, la corte suprema di cassazione  confermò la vittoria repubblicana, con un'ulteriore verifica delle schede che non modificarono l'esito nettissimo del referendum nella sua sostanza, ma che ebbero delle modifiche formali nei numeri. La distanza si mantenne sui due milioni di voti circa. Tutti i ricorsi successivi furono respinti, in quanto questa differenza diede comunque la maggioranza assoluta ai repubblicani.

La notizia fu ripresa nei giorni seguenti dai quotidiani, con prime pagine famosissime che ancora oggi periodicamente ci capita di leggere.


Dell'assemblea costituente parlerò in un altro articolo. Tema lungo ed appassionante, alla quale dedicare un articolo esclusivo!

Alla prossima!