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sabato 7 luglio 2018

Eurozona 2008-2018: un viaggio nella nazionalizzazione del rischio (Per "La voce che stecca").

Articolo pubblicato nel blog "La voce che stecca", in data 7 giugno 2018. Buona lettura Eurozona 2008-2018: un viaggio nella nazionalizzazione del rischio (Per "La voce che stecca").

Il voto sovrano ai tempi dell’€uropa dello spread e del pilota automatico (Per "La voce che stecca").

Articolo scritto per il blog "La voce che stecca", pubblicato in data 29 maggio 2018. Buona lettura Il voto sovrano ai tempi dell’€uropa dello spread e del pilota automatico (Per "La voce che stecca").

La crisi demografica italiana. Le ripercussioni sull’economia e l’immigrazione (Per "La voce che stecca")

Un articolo, da me scritto e pubblicato il 24 aprile 2018, per il blog "La voce che stecca", che collega il tema crisi demografica, con l'immigrazione e l'economia. Buona lettura, La crisi demografica italiana. Le ripercussioni sull’economia e l’immigrazione.




Il «Divorzio» tra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia: come esplose il debito pubblico (Per la voce che stecca).

Articolo dedicato al cosiddetto Divorzio, avvenuto nel 1981, tra il Ministero del Tesoro e la Banca d'Italia, e i suoi effetti sul debito pubblico italiano. Articolo pubblicato per il blog "La voce che stecca", il 13 aprile 2018. Eccovi il link, buona lettura: Il «Divorzio» tra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia: come esplose il debito pubblico.


ELEZIONI ITALIANE E LEX MONETAE (per La voce che stecca).

E' stato pubblicato un mio nuovo articolo sul il blog "La voce che stecca", con cui collaboro. Elezioni italiane e lex monetae. Buona lettura! 



lunedì 9 aprile 2018

LIBRI - "COSTRUIRE LA DEMOCRAZIA. PREMESSE ALLA COSTITUENTE", DI PIERO CALAMANDREI

In quest'ultima settimana mi sono dedicato alla lettura di due libri del padre costituente Piero Calamandrei. Il primo, "Costruire la democrazia. Premesse alla Costituente", è un insieme di saggi scritti dal 1945 al 1946, che collegano la situazione dell'occupazione nazifascista, la Liberazione e lo stallo presente nella società italiana in attesa della Costituente, vista dalla popolazione come una soluzione praticamente a tutti i mali di una società totalmente da ricostruire.
Per quanto riguarda il secondo libro, si tratta di un piccolissimo opuscolo contenente un famoso discorso di Calamandrei sulla Costituzione, risalente al 26 gennaio del 1955.
Calamandrei, attraverso le sue letture della situazione sociale e politica italiana, ci guida verso un sentiero, dandoci già alcune basi di riflessione che dovranno poi essere discusse all'interno della sovrana assemblea Costituente, per ricreare una società italiana che abbia come base fondante di un dialogo costruttivo tra istanze differenti un patto sociale in comune, incarnato dalla Costituzione.
Soluzione imprescindibile per la riuscita di quest'opera, che non è assoluta ma va necessariamente perseguita passo dopo passo, ben oltre il perimetro di una Costituzione, è la comprensione dei diritti di libertà e della funzione dello Stato, in trasformazione rispetto al passato. 
Il passaggio obbligato parte dall'analisi della deriva nazionalista italiana e tedesca, mettendo alla luce le divergenze presenti dal punto di vista formale tra Fascismo e Nazismo, nella concezione stessa di regime totalitario. In sintesi, possiamo riportare l'analisi di Calamandrei con l'impostazione di un Fascismo assai mimetico ed occulto, opposto a un Nazismo assai più esplicito nelle modalità di regime. 
Dopo aver posto le basi con l'analisi del passato, si prosegue con il significato e la funzione di "Costituente". Per arrivare a questo, Calamandrei riprende il decreto legge luogotenenziale del 25 giugno 1944, numero 151. Con esso, il popolo respinge un potere costituito non riconoscendolo più e riprendendosi le "chiavi" della sovranità per creare un nuovo patto sociale, base fondante di un nuovo sistema d'istituzioni, rispondenti alle nuove aspirazioni della maggioranza della cittadinanza italiana.
All'articolo 1 del decreto, Calamandrei fa notare il significato di netta separazione tra un potere Costituito e terminale, ed uno nascente "dopo la Liberazione del territorio nazionale le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano".
In qualsiasi Rivoluzione, c'è una parte di demolizione del potere esistente e una parte di ricostruzione di un nuovo sistema. In Italia, dopo la Seconda Guerra Mondiale ci fu un periodo che possiamo definire di "Vacanza giuridica", d'attesa, in una sospensione tra due mondi: il mondo della legalità già condannata dal popolo e quello della legalità desiderata, ma ancora attesa. 
Possiamo considerare quell'Italia narrata da Calamandrei come racchiusa in un "limbo istituzionale".
In tema di riforma dei Codici, Calamandrei fa notare l'importanza secondaria di questa tematica, in quanto, senza una Costituzione, fonte assoluta, non avrebbe avuto alcun senso riformare i Codici esistenti dall'epoca del Fascismo, in quanto, tali modiche sarebbero potute entrare in conflitto con le scelte dell'assemblea Costituente successiva. Inoltre, egli fece attentamente notare il fatto che il Fascismo accolse le modifiche dei Codici, derivanti da altre dottrine, appropriandosene e puntellando esclusivamente qui e lì, con qualche tocco di regime. Per questo, una riforma integrale o una rimozione totale sarebbero state superflue.

Calamandrei concentra la sua attenzione sui diritti sociali, spiegando che lo Stato che verrà non dovrà limitarsi a segnare dei confini dove limitarsi a non intervenire col suo potere legislativo, in modo da creare perimetri di libertà, dove lo stato si astiene. Questa concezione di libertà non basta più a Calamandrei, in quanto il concetto di libertà visto come risultato di un ruolo "negativo" dello Stato non si trasforma in vera libertà. Esse sono delle "zone franche" di giurisdizione statale, ma insufficienti per il compimento di una completa libertà.  E' vero che tutti hanno il diritto di studiare ma, ad un'analisi più attenta, non tutti, pur avendone la possibilità, hanno poi i mezzi per permettersi questa formazione. E' qui, su questa base concettuale che si inseriscono i diritti sociali. 
Mentre i vecchi diritti di libertà non presupponevano alcuna spesa per il bilancio statale, in quanto lo Stato si limitava a controllare dall'alto la libertà, senza intervenire, come soggetto terzo, questa volta, con i diritti sociali, si passa da una concezione di "LIBERTA' DALLO STATO", ad una libertà "PER MEZZO DELLO STATO", dove serve una funzione dello Stato che si ribalti, da negativa a positiva, una funzione che accompagni la società, con l'esborso di risorse pubbliche, a una condizione della vita che, finalmente, ponga tutti sullo stesso livello, ricchi e poveri, nelle possibilità di poter arrivare.

Questo sulla base del fatto che, come scrisse Calamandrei: "Che, se vera Democrazia può aversi soltanto là dove ogni cittadino sia in grado  di esplicar senza ostacoli la sua personalità per poter in questo modo contribuire attivamente  alla vita della comunità, non basta  assicurargli teoricamente le libertà politiche, ma bisogna metterlo  in condizione di potersene praticamente servire [...] di vera libertà politica potrà parlarsi  solo in un ordinamento in cui essa sia accompagnata per tutti dalla garanzia di quel minimo di benessere economico, senza il quale viene a mancare per chi è schiacciato dalla miseria ogni possibilità pratica di esercitare quella partecipazione attiva alla vita della comunità  che i tradizionali diritti di libertà teoricamente gli promettevano".

Questo è il concetto che nasce, di equità sociale, che ritroveremo nettamente all'interno dei principi fondamentali della Costituzione, all'articolo 3 comma 1, con il principio di uguaglianza formale, e all'articolo 3 comma 2, con il principio di uguaglianza sostanziale, cardine delle argomentazioni di Calamandrei.

Senza questa base sostanziale, i diritti di libertà diventano meri diritti "cosmetici", e non si avrebbe il compimento di una piena democrazia. Chiaramente, Calamandrei aveva ben in testa che non sarebbe bastato enunciare diritti sociali dentro la carta costituzionale per garantirli, ma proporli all'interno di essa avrebbe tracciato un percorso di prospettiva vincolante per la classe politica italiana.

In conclusione, questo passaggio del libro è fondamentale per riportarci alla comprensione della deriva liberista della politica italiana, in nome del perseguimento di una perenne deflazione salariale, che ci faccia esportare di più distruggendo la domanda interna, e di una flessibilità del mercato del lavoro, di cui il Jobs Act è solo l'ultima tappa. 



Buon proseguimento. 

lunedì 26 marzo 2018

ROBERTO FICO PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI - UN PASSAGGIO DI UN SOGNO UTOPICO.

L'elezione di Roberto Fico come Presidente della Camera dei Deputati segna un passo fondamentale ed emozionante per chi, come me, segue il Movimento 5 stelle dalle sue origini, tramite gli spettacoli di Beppe Grillo. C'ero, quando a Cagliari, il 22 marzo del 2014, Roberto Fico venne ad un'agora e ci spiegò come nacque in lui la voglia di incominciare a costruire questo progetto politico seguendo la strada segnata da Beppe Grillo.

Questo fu il suo intervento




Nacque tutto da un articolo di Beppe Grillo nel blog, che si chiedeva come fosse possibile canalizzare tutta la frustrazione accumulata dagli spettatori dei suoi monologhi satirici, in energia positiva che andasse realmente ad influire nel vissuto. Dall'informazione, all'azione. 
Fu così che Beppe Grillo propose i famigerati Meetup, e Roberto Fico colse l'occasione, aprendo il primo Meetup a Napoli, nel 2005.
Il suo intervento continuò, spiegandoci come all'inizio fosse totalmente isolato, e per cercare di dare qualche informazione, si costruì un nickname alternativo, che utilizzava per porsi dei quesiti, mentre offriva la risposta dettagliata alla domanda stessa. Di fatto si faceva la domanda, e si dava pure la risposta, in modo da offrire già qualche piccola base di partenza a chi si fosse affacciato per appoggiarlo in questo progetto.
I meetup si moltiplicarono in Italia, e la prima riunione dei meetup italiani avvenne a Napoli, in una grotta di tufo, dove una quarantina di attivisti cominciarono a confrontarsi su alcune tematiche utili per portare la voce dei cittadini. Una storia che mi colpì molto, e che ora mi fa emozionare.
Roberto Fico rappresenta l'utopia del Movimento, la Storia del Movimento 5 stelle.



Al primo VDay del 2007, Beppe Grillo tentò un collegamento via Skype con un'altra piazza, quella di Napoli. E chi c'era lì a rispondere? Sempre lui, Roberto Fico, impegnato a raccogliere le firme per la legge d'iniziativa popolare "Parlamento pulito".


Sono aneddoti che un ragazzo come me, che segue Grillo da quando aveva 13 anni, non dimentica.
Quello stesso giorno del 2014, Roberto Fico, tra tutti i temi che ci spiegò sulle dinamiche parlamentari, si concentrò molto sull'utilizzo scorretto della decretazione d'urgenza da parte del Governo, che di fatto sgonfiava il potere legislativo del Parlamento, togliendo la voce alle opposizioni. La decretazione d'urgenza è diventata prassi, su temi dove non c'è una reale urgenza che richieda un intervento immediato. Essa è diventata semplicemente un metodo per aggirare il confronto parlamentare con l'organo eletto dal popolo.
E ieri, nel discorso d'insediamento da Presidente, Fico ha portato alla luce le medesime tematiche che ci spiegò quel giorno a Cagliari, garantendo l'impegno per un Parlamento che torni centrale nelle dinamiche politiche, con un dialogo ampio tra gli eletti.


Non vi nego che sabato mattina, quando il nome di Roberto Fico è stato ufficialmente presentato come il candidato del Movimento 5 Stelle alla presidenza della Camera dei Deputati, in me ci sia stata una grande emozione. Un'utopia che trova una reale conclusione.

Ecco la proclamazione.



Ed ora auguri di buon lavoro, Presidente Fico.

mercoledì 21 marzo 2018

DISCORSO DELLA SERVITU' VOLONTARIA, di Étienne de La Boétie

La scorsa settimana mi sono concentrato su una lettura che si è rivelata davvero molto interessante: Discorso della servitù volontaria, del filosofo francese De La Boétie. In questo breve articoletto, vorrei portarvi all'attenzione alcuni punti che per me sono risultati rivoluzionari nella concezione della problematica sociale, nel rapporto esistente tra il tiranno e suoi sudditi.
De La Boétie compie una netta inversione rispetto alla concezione presente sulla problematica della schiavitù volontaria nella sua epoca. Da colpa del tiranno oppressore, si passa a compartecipazione degli oppressi alla loro stessa oppressione, come se questa dinamica crei un legame inscindibile di "sicurezza". 
Egli ci fa semplicemente notare che esiste una volontà degli strati oppressi della società a farsi piegare da un tiranno, in quanto se solo gli oppressi volessero rovesciare il tiranno e recuperare ciò che più conta nella loro vita, ovvero la libertà, potrebbero farlo senza l'utilizzo della violenza. Secondo De La Boétie, basterebbe una reale presa di coscienza popolare sulla problematica del recupero delle libertà individuali e collettive, per non seguire più i dicktat imposti dall'alto da un tiranno che, in realtà crea la sua forza imponente semplicemente tramite la sudditanza di un popolo incapace di una presa reale di coscienza.
De La Boétie ci fa comprendere come sia incomprensibile una paura che crea sudditanza se a subirla non è una singola persona o un piccolo gruppetto di persone, ma villaggi interi, città, Stati, nei confronti di un singolo uomo.
Su quest'incapacità, il tiranno costruisce il suo sistema d'oppressione, talvolta con alcuni stratagemmi che non impongono violenza o privazioni, ma attraverso la distrazione di massa: eventi vari di divertimento, atti ad impegnare l'intelletto degli oppressi su aspetti del tutto secondari rispetto al problema della sudditanza al suo controllo.
Un'altra modalità fondamentale di controllo esercitata dall'oppressore, di fonda sulla voglia degli oppressi di crearsi, seppur all'interno di un sistema d'oppressione e tirannia, una sorta di condizione privilegiata di schiavitù. Tramite questa scelta, il tiranno riesce a crearsi dei supporti popolari alla sua condizione privilegiata.
Un passaggio decisamente interessante è dato dalla constatazione del filosofo sulla capacità di alcuni illuminati che, di fronte allo sfruttamento e all'oppressione subita dalla propria nazione, riescono a creare intorno a loro un movimento imponente, atto a una generale presa di coscienza della popolazione oppressa. Questi pochi casi, secondo De La Boétie, se mossi da un'intenzione buona e integra, riescono alla fine a raggiungere il loro scopo di liberazione, in quanto la lotta per la liberazione riesce a farsi largo da sé per farsi riconoscere tra gli oppressi.
Questo illuminante saggio di De La Boétie, pubblicato clandestinamente a partire dal 1576, possiamo trasportarlo ancora per comprendere le dinamiche attuali. Di fatto, egli è riuscito a comprendere le dinamiche più avanzate della pubblicità e della propaganda, che muove le folle alla ricerca di effimere soddisfazioni di bisogni del tutto costruiti ad arte dall'oppressore, che nulla hanno a che fare con il vero bisogno primario umano: la libertà.
Una lettura di questo tipo è assolutamente necessaria, per fare un salto ulteriore nella comprensione delle dinamiche relative alla perdita di sovranità che ci accompagna storicamente dal Fascismo in poi.
Tramite il Fascismo si ebbe la perdita di sovranità popolare avvenuta attraverso la trasformazione del nostro sistema istituzionale da democratico ad autoritario e, successivamente, dopo la liberazione dal nazifascismo, alcuni fatti ben conosciuti, ci hanno mostrato una non completa possibilità di accedere a scelte sui nostri interessi come Stato. Possiamo citare la morte di Mattei e Moro come avvisaglie nette di questa dinamica, che poi è di fatto peggiorata nel tempo con un controllo non solo sulle scelte politiche interne, ma sulle dinamiche economiche in cui ci siamo fatti imbrigliare tramite il "Divorzio 1981" tra Ministero del Tesoro e Banca d'Italia, Maastricht, l'Euro e gli ultimi trattati europei (Lisbona, MES, Fiscal Compact, Dublino III). Vorrei consigliarvi una lettura sulla sovranità italiana, molto molto interessante: Sovranità limitata 1978-2018.

giovedì 8 febbraio 2018

CRISI DEMOGRAFICA - I DATI ISTAT 2017 E COLLEGAMENTI SULL'ECONOMIA E SULL'IMMIGRAZIONE.

E' di oggi la notizia che segna un nuovo minimo storico nelle nascite dall'Unità d'Italia, il 2% in meno tra il 2017 e il 2016. Nel 2017, le nascite si sono fermate a 464 mila unità, 9000 in meno del 2016.
Quello demografico è un problema serio, che va analizzato nei risvolti che esso mostra a livello economico e sociale. Proviamo a fare una piccola ricostruzione storica, prendendo come elementi base del ragionamento il calo demografico, il risparmio privato italiano, l'immigrazione e il ruolo dello Stato.





Fonte: Wikipedia per il grafico demografico e fef academy per il tasso di rispamio privato delle famiglie italiane.

Questi due grafici raccontano molto bene il nostro declino, che ha radici molto più antiche dell'Euro. Parte con la flessione demografica, che registra l'ultimo anno di crescita nel 1964 per poi avere un declino che ci porta sotto il tasso di riproduzione, che è pari a un livello leggermente superiore ai 2 figli per coppia (dato che dobbiamo prendere in considerazione il fatto che c'è chi, per scelta di vita, morte prematura o altri fattori, non dà vita a nuova prole).
Con meno popolazione, c'è meno domanda interna che dev'essere compensata con una maggior propensione al consumo individuale. Si riesce a intensificare la produzione in maniera fittizia delocalizzando la produzione e quindi deindustrializzandoci, per produrre a basso costo e reimportare. Nel secondo grafico, ci viene mostrato il tasso di risparmio delle famiglie italiane, che storicamente è stato uno dei più alti del mondo. Il primo aspetto che ci viene immediatamente all'occhio, è il trasferimento del risparmio in consumi.

Uno dei maggiori problemi che dovremmo porci è quello demografico, ma una politica del genere si può mettere in piedi esclusivamente con uno Stato al centro della vita collettiva, cosa impossibile con le logiche liberiste. Infatti, ad oggi, la soluzione che ci viene perennemente offerta sul tema demografico, è "importare capitale umano". Non ho usato a caso questa terminologia, perché essa è figlia del capitalismo neoliberista. Non dobbiamo uscire dalla logica del Capitale. 



(Qui la citazione di Sankara è fondamentale:<<Le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che vogliono sfruttare l'Africa sono gli stessi che fruttano l'Europa. Abbiamo un nemico comune>>. In questa citazione, si legge lo spostamento del capitale liberalizzato come fattore predatore. Il capitale, se così possiamo dire, non conosce patria, ma solo il profitto incondizionato. Questo è il liberismo. I rapporti di forza sono evidentemente diversi, ma la logica è la stessa.)


Questo servirebbe per comprimere ulteriormente i salari laddove c'è già un eccesso pazzesco di forza lavoro inutilizzata. Senza Stato nell'economia, questa via non è risolutiva, perché ci sarà sempre altro "capitale umano" da importare per comprimere ancora al ribasso i salari e ritrovare competitività sulle esportazioni. Se la crescita non può avvenire tramite domanda interna, che viene appositamente compressa abbassando l'influenza dei lavoratori tramite l'abbassamento dei salari, deve avvenire vendendo le proprie merci agli altri. 
Dovrebbe essere nuovamente lo Stato a poter investire nella famiglia (non mi interessa il tipo di famiglia), e creare le condizioni perché l'aumento demografico si sviluppi da sé. Sarebbe bella l'idea d'istituire una commissione d'inchiesta specifica sul tema demografico. Lo Stato, in questo momento, ha di fatto le mani legate rispetto all'economia, e non si può pretendere che esista un altro metodo per incentivare le famiglie ad allargarsi.
Non è risolutiva neppure dal punto di vista demografico questa soluzione, almeno secondo me, perché il problema italiano, se nasce dal 1964, sfugge esclusivamente a logiche collegate alla crisi economica, ma è fattore culturale. Un economista che tratta spesso la tematica demografica, Gotti Tedeschi, collega l'inizio del problema demografico con il concetto di paternità responsabile, uscito dal Concilio Vaticano II. Assorbendo la nostra cultura, la popolazione immigrata, nel giro di poco tempo assorbirà questo fattore culturale. La soluzione non è definitiva, ma solo tampone, oltre a creare ulteriori tensioni sociali, figlie di un'estremizzazione del conflitto sociale dal basso. E' da questo conflitto sociale che nascono episodi come quelli di Macerata.
Per concludere, l'economia e la demografia insieme si legano solo con un intervento di Stato a sostegno delle famiglie.

giovedì 1 febbraio 2018

L'INDOVINELLO DI TIZIO, CAIO E SEMPRONIO.


Tizio fissa il cambio con Caio e Sempronio e adotta con essi una moneta unica. Tizio ha abolito il rischio di cambio nei confronti della moneta di Caio e Sempronio e può prestare soldi a Caio e Sempronio senza che essi possano svalutare la loro moneta, tirandogli la sola.

Ecco che, protetti dalla moneta unica i capitali di Tizio dal Centro si dirigono in periferia, per finanziare Caio, perché Caio offre rendimenti più alti. Caio è felice, ma Tizio di più. Caio è felice perché si può permettere finalmente di comprarsi i beni prodotti da Tizio che prima costavano troppo e ora sono più a buon mercato, e Tizio è felice perché con questa logica finanzia le esportazioni di prodotti del suo sistema industriale. 
Caio cresce, ma il suo sistema privato si sta indebitando con Tizio. Importando troppi prodotti di Tizio il sistema di Caio si gretola. Tizio chiude i rubinetti del credito e Caio deve saldare con tanta austerità.
Se Tizio eccede troppo con i crediti al sistema di Caio, non c'è problema, perché arriva Sempronio, che nel mentre ha fatto saltare il suo governo via lettera banca centrale con l'imposizione di tante riforme liberiste e spread, e ha messo al suo posto un governo tecnico, che finanzia in parte il salvataggio delle banche di Tizio esposte eccessivamente ai debiti di Caio e impone al proprio sistema austerità e tagli ai diritti sociali, così da tagliare la domanda interna.
Il sistema produttivo di Sempronio deve quindi tagliare i salari per rimanere in competizione con il sistema di Tizio o, in alternativa, fare delocalizzazioni, deindustrializzando il proprio sistema. Intanto, il sistema di Tizio può permettersi di fare shopping nel sistema sia di Caio che di Sempronio, che privatizzano.
L'adozione di una moneta unica ha avvantaggiato Tizio o Caio e Sempronio? Ha avvantaggiato il capitalista del sistema di Tizio o l'operaio del sistema di Caio e Sempronio?

lunedì 8 gennaio 2018

LIBRI - LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA ITALIANA, AMOR DI PATRIA E RIFLESSIONI ALLEGATE.

Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana è stato l'ultimo libro del mio 2017. Non posso definirlo con assoluta certezza il più toccante, ma esclusivamente per il fatto che, precedentemente ad esso, io abbia letto "Se questo è un uomo" e "La tregua", di Primo Levi. Applicare una scelta tra queste opere è davvero complesso.
Leggendo quest'opera ho notato un continuo richiamo all'amor di patria, e quindi all'orgoglio di essersi battuti fieramente per il futuro dell'Italia occupata. In tutte le ultime lettere inviate dai condannati, sento particolarmente vicina ai miei ideali quella inviata da un ragazzo di diciannove anni, Giacomo Ulivi. Giacomo si battè contro il nazifascismo, e fu catturato per tre volte. Nelle prime due esperienze, con grandissima tenacia, riuscì a scappare e, in un momento di libertà tra la seconda fuga e l'ultima cattura ad opera delle camicie nere, scrisse una lettera ai suoi amici. Non era una lettera d'addio, in quanto aveva appena riconquistato la libertà, e potè quindi proiettarsi verso il futuro, oltre il nazifascismo, verso la liberazione e la successiva ricostruzione della nostra società.
Il pensiero espresso da Giacomo nelle quattro pagine scritte è di un valore davvero altissimo. Mi chiedo cosa sarebbe potuto diventare all'interno della società post liberazione, se solo avesse avuto la possibilità di esserci materialmente. 
Egli fece riferimenti alla ricostruzione, ma non tanto materiale. Infatti, prima di preoccuparsi di tutto quello che di materiale si sarebbe dovuto ricostruire, si preoccupò di porre l'accento su una ricostruzione dell'uomo, della società italiana. Un inizio assolutamente calzante, dato che si arrivava da un ventennio che aveva staccato la gente dalla politica. Il Fascismo, aveva dato l'idea che "la politica fosse lavoro di specialisti". Cito testualmente una serie di sue riflessioni:
- "Ci siamo fatti strappare tutto da una minoranza inadeguata, moralmente e intellettualmente";
- "Il brutto è che le parole e gli atti di quella minoranza hanno intaccato la posizione morale, la mentalità di molti di noi";
- "Oggi bisogna combattere contro l'oppressore. Ma è bene prepararsi a risolvere quei problemi  in modo duraturo, e che eviti il risorgere di essi e il ripetersi di tutto quanto si è abbattuto su di noi".

Un appunto finale a questa riflessione.

Io, purtroppo, qualche collegamento storico lo trovo, e mi batto contro chi assoggetta, in qualsiasi forma. Oggi, inutile negarlo, la forma di controllo è cambiata, ma andando avanti su questa strada, l'insurrezione potrebbe essere gestita proprio da quelli che ritengono che sia la vecchia scuola la modalità giusta. Come ho ascoltato bene dall'economista Sapelli:<< Il contrario del liberalismo è mettere in una Costituzione la forma della politica economica. E' negare di fatto la democrazia. Noi l'abbiamo fatto, fino a scriverci che non dobbiamo fare debito pubblico. Siamo diventati pazzi>>. E ancora:<< Questo è figlio d'intellettuali cosmopoliti che non sanno cosa sia l'amor di patria >>.
A me, sinceramente, l'amor di patria resta ancora, e oggi viene strumentalizzato in negativo. Si fa un miscuglio intellettualmente ignorante, per far apparire l'amor di patria, come l'anticamera del nazionalismo. Ma non c'è nulla di più falso, e questo libro lo dimostra in maniera inequivocabile. Dei condannati a morte italiani, che lottavano contro il nazionalismo italiano e tedesco, che nell'ultima lettera alle famiglie, rivendicavano con fierezza il loro sacrificio sull'altare della patria.
Oggi, nel 2018, avere amor di patria significa battersi per fermare le limitazioni di sovranità a enti sovranazionali e, al contrario, rivendicare il recupero della sovranità perduta. Questo, per me e per molti altri cittadini, è la priorità in quanto laddove ci sarebbe dovuta essere una piena cooperazione tra gli Stati appartenenti all'Unione Europea, e specialmente all'Eurozona, si riscontra invece uno scontro tra diversi interessi nazionali, dove la più forte, lentamente, fagocita le altre realtà che le stanno intorno.
Allora all'amor di patria, oggi, viene attribuito artificialmente un significato differente da quello reale?
L'abbiamo dimostrato nei ragionamenti precedenti che i soggetti che mostravano d'aver amor di patria volevano restituire onorabilità e istituzioni pienamente democratiche alla propria società.
Su questa strada non c'è nazionalismo, e sarebbe stupido pensare che chi lottò contro il nazionalismo, avesse l'intenzione di costruirne uno nuovo. Su questa strada non c'è nazionalismo perché non ci si vuol minimamente credere superiori a nessun altro popolo, ma si vuol esclusivamente ripristinare il pieno potere delle istituzioni democratiche statali.
Una di queste istituzioni è la moneta. Appoggio quest'idea con tantissimi italiani, di color politico che va da persone di sinistra fino a quelle di destra, ma rispettose del dettato Costituzionale, figlio di quell'esperienza storica che fu il nazifascismo. 
Confondere questa via per una deriva nazionalista è ignorante, ma lo trovo comprensibile, tanto che alcune proposte emergenti sulla scena politica italiana, ancora poco visibili, ma non si sa per quanto, hanno preso questi punti e ne fanno un loro canto di battaglia, restaurando nello stesso tempo vecchi ricordi.
Più lo stallo andrà avanti e più loro cresceranno perché, come è facile comprendere, subire un'egemonia esterna rischia di creare risentimento.