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lunedì 9 aprile 2018

LIBRI - "COSTRUIRE LA DEMOCRAZIA. PREMESSE ALLA COSTITUENTE", DI PIERO CALAMANDREI

In quest'ultima settimana mi sono dedicato alla lettura di due libri del padre costituente Piero Calamandrei. Il primo, "Costruire la democrazia. Premesse alla Costituente", è un insieme di saggi scritti dal 1945 al 1946, che collegano la situazione dell'occupazione nazifascista, la Liberazione e lo stallo presente nella società italiana in attesa della Costituente, vista dalla popolazione come una soluzione praticamente a tutti i mali di una società totalmente da ricostruire.
Per quanto riguarda il secondo libro, si tratta di un piccolissimo opuscolo contenente un famoso discorso di Calamandrei sulla Costituzione, risalente al 26 gennaio del 1955.
Calamandrei, attraverso le sue letture della situazione sociale e politica italiana, ci guida verso un sentiero, dandoci già alcune basi di riflessione che dovranno poi essere discusse all'interno della sovrana assemblea Costituente, per ricreare una società italiana che abbia come base fondante di un dialogo costruttivo tra istanze differenti un patto sociale in comune, incarnato dalla Costituzione.
Soluzione imprescindibile per la riuscita di quest'opera, che non è assoluta ma va necessariamente perseguita passo dopo passo, ben oltre il perimetro di una Costituzione, è la comprensione dei diritti di libertà e della funzione dello Stato, in trasformazione rispetto al passato. 
Il passaggio obbligato parte dall'analisi della deriva nazionalista italiana e tedesca, mettendo alla luce le divergenze presenti dal punto di vista formale tra Fascismo e Nazismo, nella concezione stessa di regime totalitario. In sintesi, possiamo riportare l'analisi di Calamandrei con l'impostazione di un Fascismo assai mimetico ed occulto, opposto a un Nazismo assai più esplicito nelle modalità di regime. 
Dopo aver posto le basi con l'analisi del passato, si prosegue con il significato e la funzione di "Costituente". Per arrivare a questo, Calamandrei riprende il decreto legge luogotenenziale del 25 giugno 1944, numero 151. Con esso, il popolo respinge un potere costituito non riconoscendolo più e riprendendosi le "chiavi" della sovranità per creare un nuovo patto sociale, base fondante di un nuovo sistema d'istituzioni, rispondenti alle nuove aspirazioni della maggioranza della cittadinanza italiana.
All'articolo 1 del decreto, Calamandrei fa notare il significato di netta separazione tra un potere Costituito e terminale, ed uno nascente "dopo la Liberazione del territorio nazionale le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano".
In qualsiasi Rivoluzione, c'è una parte di demolizione del potere esistente e una parte di ricostruzione di un nuovo sistema. In Italia, dopo la Seconda Guerra Mondiale ci fu un periodo che possiamo definire di "Vacanza giuridica", d'attesa, in una sospensione tra due mondi: il mondo della legalità già condannata dal popolo e quello della legalità desiderata, ma ancora attesa. 
Possiamo considerare quell'Italia narrata da Calamandrei come racchiusa in un "limbo istituzionale".
In tema di riforma dei Codici, Calamandrei fa notare l'importanza secondaria di questa tematica, in quanto, senza una Costituzione, fonte assoluta, non avrebbe avuto alcun senso riformare i Codici esistenti dall'epoca del Fascismo, in quanto, tali modiche sarebbero potute entrare in conflitto con le scelte dell'assemblea Costituente successiva. Inoltre, egli fece attentamente notare il fatto che il Fascismo accolse le modifiche dei Codici, derivanti da altre dottrine, appropriandosene e puntellando esclusivamente qui e lì, con qualche tocco di regime. Per questo, una riforma integrale o una rimozione totale sarebbero state superflue.

Calamandrei concentra la sua attenzione sui diritti sociali, spiegando che lo Stato che verrà non dovrà limitarsi a segnare dei confini dove limitarsi a non intervenire col suo potere legislativo, in modo da creare perimetri di libertà, dove lo stato si astiene. Questa concezione di libertà non basta più a Calamandrei, in quanto il concetto di libertà visto come risultato di un ruolo "negativo" dello Stato non si trasforma in vera libertà. Esse sono delle "zone franche" di giurisdizione statale, ma insufficienti per il compimento di una completa libertà.  E' vero che tutti hanno il diritto di studiare ma, ad un'analisi più attenta, non tutti, pur avendone la possibilità, hanno poi i mezzi per permettersi questa formazione. E' qui, su questa base concettuale che si inseriscono i diritti sociali. 
Mentre i vecchi diritti di libertà non presupponevano alcuna spesa per il bilancio statale, in quanto lo Stato si limitava a controllare dall'alto la libertà, senza intervenire, come soggetto terzo, questa volta, con i diritti sociali, si passa da una concezione di "LIBERTA' DALLO STATO", ad una libertà "PER MEZZO DELLO STATO", dove serve una funzione dello Stato che si ribalti, da negativa a positiva, una funzione che accompagni la società, con l'esborso di risorse pubbliche, a una condizione della vita che, finalmente, ponga tutti sullo stesso livello, ricchi e poveri, nelle possibilità di poter arrivare.

Questo sulla base del fatto che, come scrisse Calamandrei: "Che, se vera Democrazia può aversi soltanto là dove ogni cittadino sia in grado  di esplicar senza ostacoli la sua personalità per poter in questo modo contribuire attivamente  alla vita della comunità, non basta  assicurargli teoricamente le libertà politiche, ma bisogna metterlo  in condizione di potersene praticamente servire [...] di vera libertà politica potrà parlarsi  solo in un ordinamento in cui essa sia accompagnata per tutti dalla garanzia di quel minimo di benessere economico, senza il quale viene a mancare per chi è schiacciato dalla miseria ogni possibilità pratica di esercitare quella partecipazione attiva alla vita della comunità  che i tradizionali diritti di libertà teoricamente gli promettevano".

Questo è il concetto che nasce, di equità sociale, che ritroveremo nettamente all'interno dei principi fondamentali della Costituzione, all'articolo 3 comma 1, con il principio di uguaglianza formale, e all'articolo 3 comma 2, con il principio di uguaglianza sostanziale, cardine delle argomentazioni di Calamandrei.

Senza questa base sostanziale, i diritti di libertà diventano meri diritti "cosmetici", e non si avrebbe il compimento di una piena democrazia. Chiaramente, Calamandrei aveva ben in testa che non sarebbe bastato enunciare diritti sociali dentro la carta costituzionale per garantirli, ma proporli all'interno di essa avrebbe tracciato un percorso di prospettiva vincolante per la classe politica italiana.

In conclusione, questo passaggio del libro è fondamentale per riportarci alla comprensione della deriva liberista della politica italiana, in nome del perseguimento di una perenne deflazione salariale, che ci faccia esportare di più distruggendo la domanda interna, e di una flessibilità del mercato del lavoro, di cui il Jobs Act è solo l'ultima tappa. 



Buon proseguimento. 

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