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giovedì 21 luglio 2016

RIFORMA COSTITUZIONALE - ANALISI SUI COSTI DEL SENATO.

Salve gentili lettori.

In questo articolo ho intenzione di proseguire le argomentazioni sulla riforma costituzionale, in vista del referendum confermativo che si svolgerà a novembre, a quanto pare. 
L'articolo di oggi nasce da un dato che ho potuto visionare sulla pagina Twitter ufficiale del Senato della Repubblica (https://twitter.com/SenatoStampa/status/755781985138794498), e che poi mi ha portato a fare una riflessione interessante, che vorrei condividere con voi.


Il dato è questo grafico, che ci va a illustrare il rapporto esistente tra il costo dell'istituzione Senato della Repubblica e il totale della spesa pubblica sostenuta dallo Stato.

Il rapporto, come potete vedere, è pari a 0,060%.
Ciò significa che sul totale della spesa sostenuta dallo Stato, lo 0,060% viene destinato al Senato della Repubblica, nella forma attuale, pre applicazione della riforma costituzionale del governo Renzi.

Osservate il grafico. Il rapporto sopra citato è già di per se in fase calante dal 2006, ed è passato in 9 anni dallo 0,083% allo 0,060% attuale.

Dato quest'elemento, ho provato a ragionare in collegamento con la riforma costituzionale, confrontando le diminuzioni di costo che la riforma garantirebbe passando dal Senato della Repubblica attuale, al Senato delle Autonomie, previsto dalla riforma. Il risparmio è pari a 58 milioni di Euro, ovvero l'8,8% dell'ammontare totale della macchina Senato della Repubblica, che si aggira sui 540 milioni.
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/04/riforma-del-senato-ecco-quanto-si-risparmiera-appena-48-milioni-su-540-di-spese-solo-tagli-risibili/2431750/

In sostanza, i sostenitori del SI' al referendum costituzionale confermativo di novembre, stanno supportando, tra le tesi a sostegno dell'approvazione della riforma, l'ottenimento di un ingente risparmio per le casse dello Stato di 58 milioni di Euro, che porterebbe, secondo loro, grandi benefici.
Siete così sicuri che valga la pena mettere in gioco l'assetto dei poteri conferito al nostro Stato dalla Costituzione repubblicana, per una diminuzione pari a 58 milioni di Euro della spesa pubblica, ovvero, per capirci meglio, una diminuzione dell'8,8% di quel minuscolo 0,060% che è dimostrato dai dati del Senato?

Fossi in voi, cari connazionali, sinceramente, ci penserei 1000 volte prima di cadere in questi beceri giochetti di cifre, che sembrano essere enormi, ma in realtà non lo sono, se dall'altra parte della bilancia ci sono gli equilibri democratici della Repubblica.

E in chiusura, invito i sostenitori del SI' a giocarsi altre carte, per imporsi in questa partita, che vede da una parte il sostegno a una riforma che accentra verso l'esecutivo, e più specificatamente verso il presidente del Consiglio, i poteri; e dall'altra, chi vuole preservare gli equilibri democratici esistenti.

Alla prossima. 


venerdì 16 ottobre 2015

L'ANALISI DI UN TWEET PIDDINO. IMMIGRATI E AUTOCTONI MESSI GLI UNI CONTRO GLI ALTRI.

Salve gentili lettori.

Vorrei partire da quest'immagine.



Questo tweet del PD pone quantomeno degli interrogativi, perché interpretabile in due modi differenti.

Si parla manodopera straniera che si sta sostituendo a quella autoctona nei processi produttivi. C'è un fortissimo rischio di possibili incomprensioni in questo messaggio, ed esse non sono di poco conto.

Si dovrebbe parlare di integrazione ed inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro (sotto forma di nuova offerta), ma non di sostituzione. La sostituzione è premeditata a tavolino; l'inserimento, invece, avviene di pari passo con l'integrazione, a pari condizioni contrattuali con il resto della popolazione autoctona. Altrimenti si rischia di far intendere che la manodopera immigrata porti vantaggi perché meno remunerata, di conseguenza aiuti ad abbassare i costi di produzione e quindi il prezzo del prodotto finale (il che è già realtà, il problema è conosciuto ed esiste da un pezzo).

L'altra interpretazione è contraria alla prima. 

Ovvero, che questa situazione porti svantaggi agli autoctoni, costringendoli ad abbassare le loro richieste salariali per le prestazioni lavorative offerte. Il rischio di uscire fuori dal mercato del lavoro, contrariamente, sarebbe troppo alto. Su questo secondo ragionamento le forze di destra ci marciano alla grande. 

Ma la verità sta nel mezzo. Sappiamo che il risultato finale d'un abbassamento globale dei salari è stato perseguito, ed il motivo è la corsa all'abbassamento dei costi di produzione, che hanno incisione diretta sui prezzi dei beni, che penalizza sia gli immigrati che gli autoctoni per quanto riguarda l'aspetto salariale. Entrambi usati come capro espiatorio e messi gli uni contro gli altri a tavolino, mentre, al contrario, dovrebbero lavorare di pari passo per i loro diritti.
Parolina magica: jobs act; seconda parolina magica: deflazione salariale. La corsa all'esportazione disperata perseguita obbligatoriamente dagli Stati interni all'Eurozona porta a questi risultati, è chiaro.
C'è un continuo livellamento al ribasso per rimanere competitivi nel settore export, altrimenti si verrebbe tagliati fuori. Nel mentre però la domanda interna viene pugnalata continuamente da un minor reddito. Ci ritroviamo, quindi, con un tasso di disoccupazione estremamente importante.


Ricordate le parole di D'Alema sull'immigrazione in Europa? Nel dubbio vi posto il video.




La motivazione è solo questa, non c'è buonismo in queste parole, ma c'è da dire che, in questo caso specifico, non viene coperta la realtà del progetto con frasi di miele.

Alla prossima.

Ps. Nel mentre siamo ritornati nuovamente in deflazione....