Salve
gentili lettori.
In
quest'articolo, vorrei farvi alcune considerazioni di carattere
economico e politico, ricollegandomi alla Costituzione.
In
questi giorni non si fa altro che parlare del NO della Raggi alle
Olimpiadi di Roma 2024, come se fosse il problema centrale del paese,
lo snodo che slancerebbe l'Italia, un po' come fu propagandato quello
che sarebbe dovuto essere il meraviglioso Expò. Un NO sacrosanto,
ben studiato e giustificato dati alla mano, attraverso i conti dell'accrescimento dei costi in corso d'opera delle
precedenti Olimpiadi, sia estive che invernali (studio dell'Università di Oxford).
Ma questo non era che un appunto, dato che il punto centrale
dell'articolo sarà un altro, che tuttavia vedrete si ricollegherà anche al NO alle Olimpiadi, visto che andremo a monitorare le condizioni
attuali dello Stato italiano a livello di sovranità e di
applicazione della Costituzione economica.
Parto da un momento storico della nostra Repubblica: la firma della Costituzione. Eh sì, perché in
questi giorni, sto leggendo un libro interessantissimo del giurista
Barra Caracciolo (La Costituzione nella palude, libro consigliatissimo!!!), che tratta gli aspetti di costituzionalità delle
scelte politiche che hanno di fatto limitato la sovranità dello
Stato italiano, a vantaggio del "vincolo esterno" europeo.
Su cosa si regge il vincolo esterno? Esso si regge semplicemente
sull'idea instaurata sulla sopravvenuta impossibilità al
perseguimento del welfare State portato avanti dai padri costituenti
dopo il secondo dopoguerra. Questo martellamento mediatico ci ha di
fatto smontato sotto i nostri occhi i principi fondamentali della
nostra Costituzione, specie in alcuni principi fondamentali e nella
parte dedicata alla cosiddetta "Costituzione economica". La
Costituzione economica (articoli dal 35 al 47) è l'impostazione di
confini programmatici di politiche economiche al quale nessun governo
e nessuna maggioranza si potrebbe costituzionalmente sottrarre. I costituenti sapevano bene
ciò che avrebbero dovuto combattere, e lo capiamo in diversi
dialoghi dell'assemblea costituente. Cito Ghidini, in discussione del
diritto al lavoro, l'8 marzo 1947:
"Non si può negare in modo
assoluto che un giorno le forze regressive possano avere la
prevalenza [...] fate l'ipotesi che la nostra rappresentanza fosse
completamente eliminata e sedessero in questa Camera solo
rappresentanti della Nazione aventi un orientamento regressivo e
volessero fare una legge che contrastasse questi diritti al lavoro,
li limitasse, o li annullasse".
Sembra
un indovino! un indovino ritornato dal futuro a denunciare il pericolo incombente per la società italiana, instaurato tramite delle politiche
economiche portate avanti dal progetto dell'UE, di concorrenza
spietata al ribasso, e quindi portando al ribasso anche i diritti dei
lavoratori in nome della deflazione salariale alla ricerca della
"competitività".
L'abbiamo
visto attraverso le riforme del lavoro apportate prima dal governo
Monti, e ora dal governo Renzi attraverso il jobs act e lo
svuotamento delle tutele interne all'articolo 18 della legge del
1970. Per non parlare dell'aumento spropositato dei voucher, che
hanno visto un vendita pari a 84,3 milioni, +36,2% rispetto all'anno
precedente. Ciò ci riporta anche alle modalità di analisi sulla
disoccupazione, che registra come occupato un cittadino lavoratore
che, durante una settimana, abbia lavorato anche per una sola ora, anche se pagato attraverso voucher. Questo ci fa capire quanto i dati reali siano
estremamente più allarmanti di quanto già non lo siano nei dati
pubblicati.
La
minaccia i costituenti la conoscevano bene, perché l'avevano davanti
in quell'assemblea, si chiamava Einaudi, che voleva modificare solo
in modo "cosmetico" il liberismo che aveva fallito in
precedenza (ricordiamo il suo incontro del 1944 con Ropke teorizzatore dei perseguimenti successivamente adottati dall'UE). Ed ecco il "neoliberismo".
Einaudi,
citato, sempre in assemblea costituente durante i confronti sul tema
diritto al lavoro, dal collega Ruini, 4 giorni dopo, il 12 marzo
1947; ecco le sue parole:
"[...] gli economisti - i migliori -
riconoscono che il loro edificio teorico, la scienza creata
nell'Ottocento, non regge più sul presupposto di una economia di
mercato e di libera concorrenza, che è venuto meno, non soltanto per
gli interessi dello Stato, ma in maggior scala per lo sviluppo di
tendenze e di monopoli delle imprese private. Quando vedo i neo
liberisti come l'amico Einaudi, proporre tale serie di interventi per
assicurare la concorrenza, debbo ammettere che molto è mutato".
Dallo
spazio trovato in modo così grande in Costituzione dal diritto al
lavoro (vedi l'articolo 4, assicurando uno Stato che promuovesse le
condizioni che rendessero realmente effettivo questo diritto), si
capisce come le idee neo liberiste non abbiano trovato spazio nella
Costituzione.
Citando l'idea liberista stiamo rimanendo sul vago, mentre, per approfondire di più la tematica, sarebbe meglio riferirci alla teoria economica dell'Ordoliberismo, nata in parte per il contributo della scuola austriaca, e in parte per quello della scuola di Friburgo.
Per Ordoliberismo intendiamo una teoria economica ben conscia dell'esistenza delle Costituzioni sociali risalenti al secondo dopoguerra, che vada a funzionare in modo da riuscire a riproporre le idee liberiste pre crisi 1929, mantenendo intatto esclusivamente lo scheletro delle idee costituzionali, in realtà completamente spolpate e annullate. Annullate in modo lento e assolutamente graduale.
Ciò non dovrebbe affatto stupirvi, in quanto il concetto di Costituzione come arma di difesa verso gli attacchi ai diritti sociali e alla sovranità nazionale, ormai è diventato obsoleto. Lo scopriamo ricordando le parole di Amato del 2000:
" Non penso sia una buona idea rimpiazzare questo metodo lento ed efficace - che solleva gli Stati nazionali dall'ansia di mentre vengono privati del potere - con grandi balzi istituzionali... . Perciò preferisco andare lentamente, frantumando i pezzi di sovranità poco a poco, evitando brusche transizioni dal potere nazionale a quello federale. Questo è il modo in cui ritengo che dovremo costruire le politiche comuni europee... ."
Un metodo lento, graduale, che sostanzialmente fa addormentare e aiuta a digerire riforme al ribasso dei diritti sanciti dalle Costituzioni nazionali.
L'ultima dichiarazione che vi porto è quella di Juncker, che ha un peso pari a un macigno sulla sovranità popolare, sancita nell'articolo 1 della nostra Costituzione.
"Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po' per vedere cosa succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la gente non ci capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti fino al punto di non ritorno".
Citando l'idea liberista stiamo rimanendo sul vago, mentre, per approfondire di più la tematica, sarebbe meglio riferirci alla teoria economica dell'Ordoliberismo, nata in parte per il contributo della scuola austriaca, e in parte per quello della scuola di Friburgo.
Per Ordoliberismo intendiamo una teoria economica ben conscia dell'esistenza delle Costituzioni sociali risalenti al secondo dopoguerra, che vada a funzionare in modo da riuscire a riproporre le idee liberiste pre crisi 1929, mantenendo intatto esclusivamente lo scheletro delle idee costituzionali, in realtà completamente spolpate e annullate. Annullate in modo lento e assolutamente graduale.
Ciò non dovrebbe affatto stupirvi, in quanto il concetto di Costituzione come arma di difesa verso gli attacchi ai diritti sociali e alla sovranità nazionale, ormai è diventato obsoleto. Lo scopriamo ricordando le parole di Amato del 2000:
" Non penso sia una buona idea rimpiazzare questo metodo lento ed efficace - che solleva gli Stati nazionali dall'ansia di mentre vengono privati del potere - con grandi balzi istituzionali... . Perciò preferisco andare lentamente, frantumando i pezzi di sovranità poco a poco, evitando brusche transizioni dal potere nazionale a quello federale. Questo è il modo in cui ritengo che dovremo costruire le politiche comuni europee... ."
Un metodo lento, graduale, che sostanzialmente fa addormentare e aiuta a digerire riforme al ribasso dei diritti sanciti dalle Costituzioni nazionali.
L'ultima dichiarazione che vi porto è quella di Juncker, che ha un peso pari a un macigno sulla sovranità popolare, sancita nell'articolo 1 della nostra Costituzione.
"Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po' per vedere cosa succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la gente non ci capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti fino al punto di non ritorno".
E ora passiamo a un appunto che appartiene strettamente al Movimento 5 stelle: il reddito di cittadinanza. Ho posto questa problematica, e ho trovato una pronta risposta in un video del portavoce Morra, pubblicato pochi giorni fa, che girava intorno alla problematica della precarizzazione del mercato del lavoro e dei voucher.
La
costituzionalità del reddito di cittadinanza si ritrova
nell'articolo 3 comma 2, tramite il principio di uguaglianza
sostanziale, ovvero gli strumenti di attuazione apportati dallo Stato
per rendere realmente perseguibili le consegne dell'articolo 3 comma
1, ovvero del principio di uguaglianza formale. Il reddito di
cittadinanza entra in questo modello, ma solo a patto che vengano
contemporaneamente perseguite le consegne dell'articolo 4 della
Costituzione, e della Costituzione economica, altrimenti esso si
trasformerebbe in uno strumento di controllo di massa, per far
accettare politiche economiche liberiste, esattamente come quelle che
stiamo vedendo oggi. Sarebbe anche questa una cosmesi "cambiare
perché nulla cambi". Senza dimenticare l'impostazione
costituzionale fondata sul lavoro, che senza il presupposto
precedentemente fissato, andrebbe ad avverare le parole di un altro
padre costituente, Mortati, tramite un'interpretazione che farebbe
rientrare il reddito di cittadinanza sotto l'involucro che lui chiamò
"risarcimento per mancato procurato lavoro".
Siamo
sicuri che i trattati europei siano conformi con l'articolo 4 e la
Costituzione economica, visti i continui smantellamenti dei diritti
sul lavoro e del welfare in generale? In ultimo: sono i trattati che
sono legittimati dalle Costituzioni nazionali degli Stati membri (nel
nostro caso, l'articolo 11), e non il contrario; per questo le fonti
di diritto europeo non possono essere gerarchicamente ritenute di
rango superiore a una Costituzione.
L'articolo
11 che parla di LIMITAZIONI di sovranità, in condizioni di parità,
in nome della pace e della giustizia tra le Nazioni, e non di
CESSIONI. Ciò significa che l'adesione dell'Italia è subordinata
alla periodica rivisitazione dei vincoli dei trattati o alla presenza
di una clausola di recesso.
Vorrei
ricollegarmi anche alla riforma costituzionale, con l'ingresso per la
prima volta dell'entità "Unione Europea" all'interno della
Costituzione, ma per oggi la chiudiamo qui. Spero che il peso del "vincolo esterno" ora vi sia chiaro.
Siete ancora sicuri che il problema dell'Italia sia il NO della giunta Raggi a Roma 2024?
Siete ancora sicuri che il problema dell'Italia sia il NO della giunta Raggi a Roma 2024?