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venerdì 6 marzo 2015

LEGGE ACERBO vs ITALICUM.

Salve gentili lettori.

Lo so e ne sono consapevole, il titolo del presente articolo è piuttosto forte, ma illudendoci d'essere ancora all'interno di una vera democrazia partecipata ci stanno togliendo fette di sovranità in nome del " ce lo chiede l'Europa ", ed allora ho ritenuto giusto provare ad impostare un ragionamento che vada a confrontare due leggi elettorali molto lontane storicamente tra di loro, ed apparentemente lontanissime come fine ultimo del loro concepimento, ma che in realtà, purtroppo, non sono lontane nella sostanza. Non sono per nulla lontane sostanzialmente, semplicemente perché pur essendo state concepite in periodi storici differenti, porteranno allo stesso risultato politico, ovvero il conseguimento la maggioranza a tutti i costi.
Come avrete capito leggendo il titolo, quest'articolo sarà completamente dedicato ad un confronto tra la legge Acerbo del 1923 e, l'Italicum, la legge elettorale che sarà approvata a breve in Parlamento.

Rispetto a quello che non avrei potuto fare nel periodo storico che stiamo per ripercorrere, avrò solo l'illusoria possibilità d'esporre il mio pensiero ed il mio personale giudizio. 

Buona lettura.

Partirei in ordine cronologico, dalla legge Acerbo del 1923, non prima d'aver fatto un piccolo riquadro che ci faccia rapidamente comprendere il periodo storico all'interno della quale ragioneremo.

Il Fascismo s'impose all'interno della crisi dello Stato d'impostazione liberale. Esso fu fondato da Benito Mussolini a Milano, nel marzo del 1919. Fu una partenza piuttosto lenta, nascosta, in sordina, in quanto alla prima riunione dei Fasci di combattimento parteciparono poche centinaia di persone. Alle elezioni politiche del novembre 1919, presero appena 4000 voti, non prendendo nessun seggio e non riuscendo, conseguentemente, ad entrare in Parlamento.
Appena due anni dopo, nel 1921, nacque il partito fascista, con oltre 200.000 iscritti, ed il suo programma cominciò ad intraprendere la strada di una soppressione del poteri parlamentari. Cominciò qui un percorso di ampliamento, radicamento territoriale e di organizzazione di una vera e propria milizia fascista. Nell'ottobre 1922, attraverso la " marcia su Roma " i fascisti, non ostacolati a dovere dal Re Vittorio Emanuele III, riuscirono ad entrare nella capitale (era, precisamente il 28 ottobre 1922). La resa di Vittorio Emanuele III spalancò le porte al primo governo Mussolini, che il 30 ottobre 1922 fu convocato a Roma, ricevendo dal Re l'incarico di formare il governo. Una maggioranza non troppo solida, che faceva comunque traballare Mussolini, fino al 1923, anno dell'approvazione della nuova legge elettorale, la legge Acerbo.

Questo quadro storico, era doveroso per comprendere il periodo storico in cui fu votata la legge della quale parleremo.



                                       LA LEGGE ACERBO (1923)

Confrontata alla legge elettorale allora in vigore, la legge Acerbo creava un collegio unico per tutta la nazione, suddiviso attraverso 6 diverse circoscrizioni.
Si passò da un sistema proporzionale, adottato dal 1919, ad un sistema maggioritario, dove ogni lista candidata aveva la possibilità di presentare una lista pari ai 2/3 dei seggi parlamentari.
Un altro aspetto controverso era il premio di maggioranza spropositato (ah si, sempre lui) che garantiva alla lista vincitrice che avesse ottenuto almeno il 25% dei voti, i 2/3 del parlamento attraverso l'attribuzione di 356 seggi su un totale di 535 disponibili. Per quanto riguarda i restanti seggi, ovvero 179, essi sarebbero stati attribuiti attraverso un sistema proporzionale.
Cosa molto, molto importante, per il confronto con l'Italicum, è il fatto che se nessuna lista avesse raggiunto il tetto massimo del 25%, i seggi sarebbero stati distribuiti attraverso un sistema PROPORZIONALE. Altro fattore importante da un punto di vista storico, fu l'abbassamento dai 30 ai 25 anni dell'elettorato.
La logica sulla quale poggiava la legge Acerbo era esattamente quella sulla quale poggia l'Italicum, ovvero la governabilità a tutti i costi. Il fine era quello di premiare la maggioranza di governo e come se non bastasse, spezzettare abilmente l'opposizione in modo da rendere difficile un'opposizione forte alla maggioranza.

Con il senno di poi che la storia ci ha lasciato, sappiamo che il partito fascista non si presentò in solitaria a quelle elezioni politiche, ma all'interno di un cosiddetto " LISTONE ", composto da fascisti, nazionalisti, liberali e cattolici. Il listone vinse ampiamente con il 64,9% dei consensi, ed attribuendo al partito fascista ben 275 deputati, all'interno di una maggioranza di 374 deputati.

Il resto della storia, purtroppo, la conosciamo ampiamente.

Il testo di legge Acerbo completo è presente all'interno di questo link http://storia.camera.it/img-repo/ods/2013/06/25/CD1710000014.pdf .


                                               L'ITALICUM

Ora possiamo passare all'analisi dell'Italicum, così come da noi conosciuto fino ad ora, sperando che possa migliorare prima dell'approvazione definitiva (speranza vana).

Siamo in un contesto sociale e politico dove, nella nostra repubblica è in corso una legislatura eletta attraverso una legge dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale. Questo Parlamento ha espresso la maggioranza di due governi non nominati tenendo conto dei voti della maggioranza dei votanti. Una legislatura che segue quella precedente, finita con il governo tecnico di Monti, anch'esso (il governo) supportato da una maggioranza eletta attraverso il Porcellum. Siamo alle comiche.
Le riforme che sono uscite fuori dal governo Monti hanno attaccato la Costituzione, inserendo all'interno d'essa il pareggio di bilancio strutturale, richiesta che non era obbligatoriamente da soddisfare, in quanto nel Fiscal Compact non c'era l'obbligo ma la semplice preferenza verso un inserimento diretto in Costituzione. La beffa sta nel fatto che solo l'Italia abbia realmente inserito una tale follia in Costituzione. Ed ora, attraverso l'Italicum, si sta andando a spianare la strada verso un attacco completo dell'istituzione parlamentare a vantaggio della governabilità ad ogni costo.
Il "ce lo chiede l'Europa" è lo strumento giusto, la scusa perfetta, per un attacco ai diritti dei lavoratori (vedi attacco all'articolo 18 e deregolamentazione del mercato del lavoro attraverso il Jobs act).

In questo contesto storico-sociale, sta per essere approvata una nuova legge elettorale, che supererà il Consultellum, ovvero la legge elettorale uscita dalla Consulta, che è andata a togliere i vizi d'incostituzionalità del Porcellum.

Secondo l'Italicum, se una lista dovesse arrivare al 40% dei consensi, avrebbe il 55% dei seggi, con un premio di maggioranza del 15%, che le darebbe il 55% dei seggi; mentre, se nessuna delle liste candidate riuscisse ad arrivare al 40% dei consensi, si andrebbe al ballottaggio tra le prime due liste, ed alla lista vincitrice al ballottaggio verrebbero comunque garantiti il 55% dei seggi.
Nella sostanza, l'Italicum prevede la presenza di 100 collegi. Da ognuno di questi collegi verranno eletti 6 candidati; il 70% dei candidati sarebbero nominati dai partiti, con il vincitore che si prenderebbe il 55% dei seggi, nominando dall'alto 2 deputati e lasciandone eleggere dal popolo 1; mentre al contrario, per le liste perdenti verrebbero nominati 3 deputati, uno per ogni lista perdente.
Insomma, in sostanza se l'Italicum passasse avremmo 5 deputati nominati dai partiti su un totale di 6, per ogni collegio (ed il deputato eletto dalla cittadinanza sarebbe solo un rappresentante del partito vincitore).

Ora facciamo un esempio pratico d'applicazione dell'Italicum. In un elezione il 50% degli aventi diritto si reca alle urne; il partito A prende il 25%, il partito B il 20%, il partito C il 10% ed il partito D il 5%. Nessuno ha raggiunto la soglia del 40% e quindi nessuno dei partiti candidatisi prende il premio di maggioranza. Il partito A ed il partito B vanno al ballottaggio, dove il vincente tra i due si prenderà il 55% dei seggi. Quindi, sostanzialmente, supponendo il partito A come vincitore, esso avendo preso il 25% del 50%, si prenderà il 55% del totale dei seggi disponibili nel Parlamento, pur rappresentando realmente l'8% degli aventi diritto al voto.


                                              CONFRONTIAMOLE

Ora, dopo aver illustrato la sostanza delle due leggi elettorali, possiamo confrontare i punti che le avvicinano e quelli che le distinguono.


PREMIO DI MAGGIORANZA

Legge Acerbo: per la legge Acerbo il premio di maggioranza, ovvero l'assegnazione dei 2/3 dei seggi parlamentari alla lista vincitrice scattava nel momento in cui una delle liste candidate alle politiche, fosse riuscita a raggiungere il 25% dei consensi. Qualora nessuna delle liste candidate avesse raggiunto la soglia del 25%, nessuna lista avrebbe preso il premio di maggioranza, ed i seggi sarebbero stati assegnati sulla base di un criterio PROPORZIONALE.

Italicum: per l'Italicum il premio di maggioranza, ovvero l'assegnazione del 55% dei seggi parlamentari alla lista vincitrice, scatterebbe nel momento in cui una delle liste candidate alle politiche, riuscisse a raggiungere il 40% dei consensi. Qualora nessuna delle liste candidate riuscisse a raggiungere la soglia del 40%, si andrebbe al ballottaggio tra le due liste principali, ed alla vincente si assegnerebbero il 55% dei seggi.

Si nota, da questo confronto come l'Italicum mostri ancor più la sua necessità di incidere nel voto popolare al fine di indirizzare, se necessario anche attraverso ballottaggio, la maggioranza dei seggi ad una lista, superando i criteri di proporzionalità. Quindi governabilità a tutti i costi, ma ancor di più per l'Italicum, la legge della grande democrazia (APPARENTE).


PREFERENZE

Legge Acerbo: per la legge Acerbo era possibile inserire fino a tre preferenze indicando i candidati della lista votata.

Italicum: per l'Italicum è possibile inserire la preferenza, tuttavia vi sono inseriti già in partenza dei capilista che, qualora la lista riuscisse a superare lo sbarramento ed ottenere seggi parlamentari, inseriranno in primis il candidato nominato dal partito. Questo crea una disparità tra i votanti dei partiti grandi ed i partiti piccoli; il perché è molto semplice: se per gli elettori dei partiti grandi sarà comunque possibile eleggere attraverso preferenza 1 candidato per collegio, per gli elettori del partiti perdenti vi saranno come rappresentanti parlamentari esclusivamente nominati dall'alto dal partito stesso.

Ed anche in questo caso, la Legge Acerbo si è dimostrata molto più aperta dell'Italicum al voto popolare.


ATTRIBUZIONE DEI SEGGI 

Legge Acerbo: grazie ad accordi elettorali interni alla coalizione, Mussolini riuscì a portare in Parlamento ben 275 parlamentari su una maggioranza di 356 seggi.

Italicum: la lista concorre a comporre il 40% necessario al raggiungimento della soglia necessaria per il premio di maggioranza del 15%, e il premio verrebbe assegnato al partito vincitore. Nel caso in cui nessuna lista partecipante raggiungesse il 40%, al ballottaggio andrebbero i due partiti con più consensi.

In confronto la legge Acerbo parrebbe concepita dalla Caritas, sinceramente.

                                                  ALTRE RIFLESSIONI

Gli squilibri di incostituzionalità non possono essere oggetto di confronto tra le due leggi elettorali, in quanto la Costituzione è successiva all'approvazione della legge Acerbo, in quanto entrata in vigore (la Costituzione) solo nel 1948. Possiamo però analizzare quelli che potrebbero essere i limiti costituzionali dell'Italicum, che poi sono gli stessi del Porcellum, grosso modo.

Il primo passo verso l'incostituzionalità, proprio come avvenuto col Porcellum, è un premio di maggioranza spropositato (che poi avrebbe colpito anche la legge Acerbo). Addio rappresentatività della cittadinanza in Parlamento, in nome della stabilità dell'esecutivo (senza considerare che i votanti si sono ridotti ormai al 50% degli aventi diritto). Capite che, in questo modo, la legge elettorale diventi solo una norma atta a ridistribuire i seggi, perdendo il concetto base di democrazia, e quindi di rappresentanza popolare che abbiamo analizzato in precedenza.
Inoltre, l'Italicum sarebbe già di per se incostituzionale, perché presuppone che le modifiche costituzionali proposte dal governo Renzi vadano a completo compimento. Si parla esclusivamente di'una legge elettorale valida per le elezioni dei membri della Camera dei deputati, mentre il Senato della Repubblica si tralascia, sperando che la modifica del titolo V della Costituzione vada a compimento, trasformandolo in una Senato delle autonomie, con composizione formata da sindaci e presidenti di regione nominati che andrebbero a ricoprire il ruolo di senatori, in un Senato privato delle sue funzioni.
Inoltre si è andato ad aggirare la sentenza della Corte costituzionale anche sulle preferenze, con la presenza, proprio come nel Porcellum, delle liste bloccate, suddividendo il listone classico, in tante piccole " sottoliste ", dove il capolista viene bloccato e quindi, sostanzialmente nominato, mentre per i restanti componenti, ci si affiderà all'elezione. Dove sta il trucco di questa apertura?
Semplicissimo! se in un collegio che esprime 6 seggi (e quindi dal quale usciranno 6 futuri deputati), ci sono 6 liste, i 6 seggi verranno tutti nominati, perché verranno presi dai 6 capilista. Preferenze solo di facciata quindi... . Mi spiego meglio.
Ci sarà una disparità di trattamento tra gli elettori delle liste principali e delle liste minori, perché in caso di raggiungimento del 40% la lista vincitrice si prenderà il premio di maggioranza fino a salire al 55% dei seggi, e questo creerà una disparità di trattamento tra gli elettori. Mi spiego meglio, questo succederà perché in un collegio ci sarà più di uno eletto per la lista vincitrice, e questo permetterà all'elettore della lista vincitrice di eleggere un deputato (oltre al capolista nominato), cosa che non avverrà per tutti gli altri elettori delle altre liste perdenti, che vedranno entrare in Parlamento esclusivamente il componente capolista, che è un nominato.
Questo è incostituzionale, perché va contro l'articolo 3 della Costituzione, che parla di principio di uguaglianza formale e sostanziale, e qui mancherebbe l'uguaglianza di trattamento tra gli elettori di liste differenti.


                MA CHE FINE DEVE PREFISSARSI UNA LEGGE ELETTORALE EQUA?

In entrambe le leggi esposte, si perde il concetto di rappresentanza. Infatti, il concetto di democrazia presuppone la rappresentanza di tutta la cittadinanza, non solo di chi si sente rappresentato da una specifica lista.
Bisogna abbandonare l'idea di legge elettorale come teorema matematico atto alla distribuzione di poltrone tra i partiti. La legge elettorale è un concetto evidentemente matematico legato indissolubilmente al significato di rappresentanza della cittadinanza.

Per rappresentanza s'intente riuscire, in base ad una legge elettorale ben strutturata ed ai risultati elettorali, a formare un CAMPIONE dove tutti i cittadini trovino un proprio rappresentante all'interno dell'istituzione.

Rappresentanza popolare in Parlamento = democrazia. E la si raggiunge solo attraverso un sistema proporzionale, che vada ad equilibrare i voti espressi, trasformandoli in seggi elettorali.
Qualsiasi espressione maggioritaria perde il fine primario di una legge elettorale democratica, per entrare nel concetto di " STABILITA' DELL'ESECUTIVO A TUTTI I COSTI ".

Dobbiamo sempre ricordarci che all'interno dei tre poteri di una democrazia ve ne sono 2  ben distinti che si ricollegano al ragionamento che stiamo portando avanti: potere LEGISLATIVO e potere ESECUTIVO.

Il potere legislativo è detenuto dal Parlamento, eletto a suffragio universale dalla popolazione attraverso delle elezioni regolamentate dalla legge elettorale in vigore. Il Parlamento rappresenta la popolazione per una durata classica di 5 anni (legislatura), ed ha la funzione di confrontarsi, proporre e votare delle migliorie all'impianto legislativo della nostra Repubblica.
Ad eseguire il volere del Parlamento c'è il governo, nominato dal Presidente della Repubblica, che entra in carica solo dopo aver ricevuto la fiducia da entrambi i rami del Parlamento.

Al governo è quindi fornito il potere di dar esecuzione all'impianto legislativo della Repubblica, con specifica attenzione per le norme via via approvate dal Parlamento, ed esso resta in carica fino a quando la maggioranza del Parlamento lo ritiene opportuno.
Il governo è quindi uno strumento del Parlamento.


Se si supera questo concetto primario di democrazia parlamentare, si rischia d'entrare nel regime, sia esso espresso con la forza, sia esso espresso con le ghirlande, slide, fiori e bacini come quello attuale. La democrazia apparente, anzi, è ancora più pericolosa.

Alla prossima!






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